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 Programma gite 2025    

Gite Intersezionale 2025 

Bivacco Orsiera - CHIUSO. Ritirare le chiavi presso il "Ristorante delle Alpi" ai Giordani di Mattie.

Eventi

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Anno 2011

Relazione di tutte le gite

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25 Novembre 2011
Serata con Marco Albino Ferrari
Una serata veramente piacevole trascorsa in compania dello scrittore-alpinista e Direttore della rivista Meridiani MontagneMarco Albino Ferrari.
Alle 18.00, presso la Libreria Citta del Sole, Ferrari ha presentato il suo ultimo libro Alpi Segrete di cui ci ha raccontato alcuni capitoli. Da abile narratore per 60 minuti ci ha commossi raccontando la storia dell'orso Dino che dalla Slovenia, errando per boschi e valli, è arrivato al Parco delle Dolomiti Bellunesi; ci ha incuriosito parlando di Elva, importante e popolato paese montano del Cuneese, che nell'ultimo secolo ha vissuto l'abbandono e il degrado.
Alle 21.00 nel Salone Don Bunino ha raccontato la tragedia del 1961 sul Freney al Monte Bianco. In 100 minuti, solo sul palco, con il microfono in mano e l'ausilio di 8 diapositive ha raccontato tutta la vicenda che a visto Walter Bonatti e altri 6 alpinisti italiani e francesi tentare la prima salita al Pilone Centrale del Freney. Sorpresi, quasi in  cima alla parete, da una tremenda bufera che dura diversi giorni, gli alpinisti tra rischi, fatiche e freddo tremendo tentano la ritirata. Si salveranno in tre, gli altri quattro moriranno, lungo la strada del ritorno. Ferrari non solo rievoca e ricostruisce gli eventi in modo impeccabile ma riesce a farci rivivere il clima e la mentalità dell'epoca, ricostruisce il carattere dei personaggi. Ci tiene incollati alla sedia facendoci sentire partecipi di quella sfortunata cordata.
Una bella iniziativa che ha raccolto un numeroso pubblico ma che soprattutto ha dimostrato - come già la serata con Annibale Salsa - che di montagna si può anche parlare e discutere. In questa società multimediale, dove l'immagine è tutto, dove l'occhio e il sensazionale la fanno da padroni, abbiamo dimostrato che può essere molto più interessante e avvincente ascoltare un bravo narratore come Marco Albino Ferrari.

19 novembre 2011
Cena Sociale
La meta di questo annuale appuntamento era proprio sotto casa: “Ristorante delle Alpi” ai Giordani da Ivano e Fabrizio. Proprio una cena in casa: per la vicinanza del luogo, perché i gestori sono anche nostri soci nonché i custodi delle chiavi del bivacco Orsiera e, non ultimo, per l’ottima cucina casalinga. Ma andiamo con ordine. Alle ore 19,30 puntuali arrivano i soci, alle ore 20,00 Presidente e Vicepresidente salutano i convenuti. Miriam ringrazia i partecipanti con un saluto particolare a Giorgio Guerciotti, da moltissimi anni reggente e anima della sottosezione di Sauze d’Oulx, finalmente ristabilito dai suoi problemi di salute. Si procede con la consegna degli aquilotti. Una cerimonia un po’ anomala perché tra i 10 aquilotti compaio anche presidente, segretaria e revisore dei conti. Praticamente Miriam dovrebbe consegnarsi l’aquilotto; il terribile “conflitto di competenza” viene risolto da Oscar che consegna la spilla alle signore e Miriam che consegna ai maschietti.
Un applauso particolare a Richetto Giacinto, universalmente conosciuto come “Cinto”, che per tanti anni in qualità di autista di pullman ci ha accompagnato nelle nostre escursioni. Riportiamo i nomi dei soci venticinquennali: Blandino Claudio, Croletto Enrica, Gai Massimo, Goria Cristian, Peirolo Bruno, Perron Cabus Stefano, Plano Alessandra, Poncet Graziella, Pugnant Miriam, Richetto Giacinto. Dopo la premiazione si ricordano i prossimi appuntamenti, si presenta il programma per il 2012 e quindi inizia la cena.

13 novembre 2011
Capo Mele
Ultima uscita dell’anno insieme agli amici dell’Intersezionale in questo verde angolo di Liguria posto  tra Andora e Laigueglia. Scendiamo dai due pullman a ridosso dell’autostrada, il lungo serpentone imbocca un sentiero malridotto con nelle orecchie il rumore delle auto e camion. “Ma dove ci sta portando il capo-gita?” mi chiedo preoccupato.
Poco dopo però imbocchiamo un’ottima mulattiera che, tra vigne e oliveti ci porta ai ruderi del Paraxo (termine che indica il vertice di una altura fortificata) che comprende la bella chiesetta di San Nicolò (sec. XI – XII, rifatta in epoca barocca), e il castello-fortezza fatto costruire dai Marchesi di Clavesana nel XII secolo. Si continua alternando brevi tratti di strada con scorciatoie su sentiero e raggiungiamo il caratteristico borgo medioevale di Colla Micheri posto sulla dorsale di Capo Mele. Si prosegue sul sentiero  che calca fedelmente la dorsale godendo del tepore del sole e del magnifico panorama con il mare spumeggiante a destra e le innevate Alpi a sinistra. Giunti su un poggio ci sparpagliamo nella pineta e, come per miracolo, dagli zaini iniziano  a spuntare manicaretti e pietanze degne di un pranzo di nozze. Tra assaggi e assaggini, discussioni e pettegolezzi, scherzi e barzellette il tempo vola ed è ora di scendere a Laigueglia.
Durante la discesa facciamo conoscenza con “Nota” una simpatica vecchietta socia del CAI di Giaveno che alla veneranda età di 92 anni si è fatta tutta la gita saltellando allegramente lungo la scalinata con un’elasticità da far invidia ad un sessantenne.
Bevuta d’obbligo nei pochi bar aperti a Laigueglia e ritorno a casa.

23 Ottobre 2011
Visita al Centro Faunistico "Uomini e lupi" - Entraque
Ferrata dei Funs
Per chi ama la montagna e la natura è doveroso approfondire la conoscenza dell'ambiente con cui siamo a contatto durante le nostre escursioni e dei comportamenti degli animali che ci vivono. Aspetto a cui da senz'altro un notevole contributo la visita effettuata al Centro Faunistico “Uomini e Lupi” di Entracque. Il nostro gruppo di circa 40 persone, tra cui una decina di ragazzi, è arrivato verso le 10 presso il Centro faunistico, situato nella periferia di Entracque, accolto da una fredda e grigia giornata autunnale. Salutati i sei provetti alpinisti diretti alla Via Ferrata dei Funs la comitiva è stata divisa in tre gruppi che, a distanza di circa 15 minuti l'uno dall'altro, dopo un introduttivo interessante documentario, hanno visitato i diversi ambienti ottimamente costruiti ed arredati in cui si è parlato a 360 gradi del lupo in Italia e dei suoi comportamenti. Si è saliti, sempre a gruppi, sulla torretta dove alcuni fortunati sono riusciti a scorgere uno dei due lupi in convalescenza che si trovano nel bosco recintato per 9 ettari attorno al Centro. Finita la visita il pullman ci ha portato presso il Centro Sportivo di Entracque, dove alcuni dei partecipanti avevano prenotato il pranzo presso un ristorante convenzionato col Centro, mentre tutti gli altri si sono diretti a piedi verso il centro paese, accompagnati finalmente da un sole provvidenziale che scaldava un po' le nostre membra infreddolite e ci permetteva di consumare il pranzo al sacco sulle panchine di un giardino pubblico. Dopo una passeggiata digestiva per le strade di Entracque verso le 14.30 ci siamo ritrovati per la visita, sempre in tre gruppi, della seconda struttura del Centro dedicata al rapporto tra l'uomo e il lupo, con passaggio in diverse sale, in ognuna delle quali, attraverso filmati divertenti interpretati da bravi attori, si raccontano leggende sui lupi di tutto il mondo, si presenta uno spaccato con risvolti comici della vita di Entracque nella seconda metà del 1800, fino a giungere ai nostri tempi coi problemi e i vantaggi che crea la ricomparsa del lupo sulle nostre Alpi. Finita la visita e ritrovati i “Ferraristi” verso le 17 siamo ripartiti verso la Valsusa. I commenti sulla visita sono stati soddisfacenti e i ragazzi si sono molto divertiti. Tutti ora conosciamo meglio il lupo.

16 ottobre 2011
MTB Colletto di Forno (Coazze)
Quest’anno l’autunno ci ha regalato delle bellissime domeniche di sole, come quella appena trascorsa in compagnia delle nostre mountain bike.
Partiti da Giaveno con temperatura freschina (5°c) attacchiamo il primo tratto di asfalto dopo Pontepietra con le sue belle rampe “scaldamuscoli”. Proseguiamo nel sottobosco sullo sterrato che ci porta al panoramico Colletto di Forno  dove approfittiamo per fare una pausa e scattare qualche foto. Ripartiamo per affrontare il tratto più tecnico e ripido del percorso, passando vicino al Santuario voluto da Don Viotti, e dopo una breve discesa si effettua il “guado” del torrente Sangone. Ritrovato l’asfalto proseguiamo fino al Ristorante “Rocciavré” a Forno.
Dopo un ottimo pranzo decidiamo di concludere degnamente la giornata facendo un salto alla “Fiera del Cevrin” nel vicino paese di Coazze.
Grazie a tutti i partecipanti (un bravo ad Ivano con la sua Sbike d’epoca) vi aspetto per la stagione Mtb 2012.
Work less, Ride more (inverno permettendo)

9 ottobre 2011
Uia di Calcante
Tipica giornata di quiete dopo un vento furioso: temperatura fresca e cielo terso, ideale per una gita in montagna. Lasciato il pullman a Fubina, saliamo per una mulattiera ben tracciata e costruita negli anni trenta del secolo scorso. La pendenza regolare, mai erta, permette al gruppo (cinquanta persone) di procedere in fila indiana senza sgranarsi durante il percorso. La parte alta, aerea e quasi priva di alberi, permette alla vista di spaziare sulle cime della bassa valle di Viù, di ammirare la perizia di chi ha ideato la mulattiera, aggrappata al fianco ripido della montagna, sfruttando tutti gli appigli possibili.
Al colle Cialmetta il gruppo si divide, una quindicina di soci si ferma nei pressi del rifugio dell'ANA, gli altri salgono per una traccia ripida di sentiero fino in cima all'Uia. La trasparenza dell'aria permette la visione di un panorama estesissimo, dalla pianura torinese alle principali vette delle Alpi occidentali. Ricomposto l'intero gruppo sul colle si pranza, si scherza, ci si riposa. Foto ricordo e discesa su Pessinetto, lunga per la molta traslazione, ma varia. Rientro con circa mezz'ora di coda alle porte di Torino. Grazie al clima splendido ed al buonumore la giornata è trascorsa serenamente.
Da segnalare - Gli scarponi nuovi di Nina. Il comportamento altruista di Luigi che, da buon samaritano, ha chiuso la fila sia nell'andata che nel ritorno, portando, nell'ultimo tratto della salita, lo zaino di Pierre, rincuorandolo nei tratti più esposti e incitandolo nella discesa. Il giovane autista del pullman che è stato definito dalle signore: “bello e gentile”.

7-18 settembre 2011
Via del sale (Col di Tenda)
Dopo la pausa estiva il gruppo MTB si ritrova per affrontare uno dei tratti più duri della mitica “via del sale”.
Arrivati al col di Tenda il gruppo di bikers parte deciso per affrontare i primi km della giornata, mentre io e Claudio portiamo in auto i bagagli alla Gite de France “Les Carlines” nell’abitato di Tende dove pernotteremo.
I primi 15 km sono i più “duri” ma appaganti ed il paesaggio è fantastico mettendo alla prova bikers e bici.
Raggiungiamo il gruppo nei pressi del rifugio Don Barbera verso mezzogiorno dove ci rifocilliamo e prendiamo un caffè.
Ripartiamo di buon passo sul tratto più “tranquillo” del percorso con un bel fondo e dopo parecchi km arriviamo al passo del Tanarello a quota 2042 m., da qui inizia la lunga (bella e polverosa)  discesa che ci porterà a ritrovare l’asfalto nel paesino di Brigue.
Risaliamo gli ultimi 5 km ed arriviamo a Tende dove qualcuno decide di lavare la bici (non porta bene) poi doccia e dopo una birretta e una buona cenetta il meritato riposo.
Nonostante le “danze del sole” eseguite nella notte al mattino ci aspetta la temuta pioggia e siamo costretti a rinunciare al secondo tratto del percorso che ci riporterebbe al Col di Tenda.
Riprendiamo le auto e decidiamo, visto il pessimo tempo, di rientrare a casa.
Grazie per la partecipazione (nuovi arrivi Jonathan B. e Alberto V.) vi aspetto tutti alla prossima uscita.
Un ringraziamento speciale alle “Fantastiche 4” (Miriam, Luisella, Sissy e Rita) che hanno portato a termine in piena forma i 72 km del primo giorno.
Work less, Ride more

11 settembre 2011  
Laghi di Champdepraz
Dopo le stupende giornate di settembre antecedenti la data della gita la partenza dalla Valle di Susa accoglie i partecipanti con un tempo incerto che, stante le previsioni di possibili temporali nel pomeriggio, provoca la defezione di alcuni iscritti. Siamo comunque in 72, di cui una quindicina iscritti al CAI di Susa, col quale è stata concordata la gita.
Verso Ivrea dei nuvoloni neri all'imbocco della Valle d'Aosta aumentano il nostro pessimismo ma all'uscita dell'autostrada, a Pont St.Martin, la situazione appare migliore e con piacere constatiamo che il sole bacia le cime della Valle di Champorcher, meta della nostra gita.
Giunti a Champorcher ci precipitiamo a far colazione nell'unico bar aperto sul piazzale, facendo sparire in un attimo i pochi croissants disponibili.
Per giungere all'imbocco del sentiero si devono percorrere 3-4 Km di strada asfaltata, su cui può transitare, data la strettezza della strada, solo il pullmino da 36 posti, che naturalmente è costretto a fare due giri. Finalmente verso le 10.30 circa siamo tutti riuniti e possiamo partire.
La prima parte dell'itinerario si snoda in un bosco ed è piuttosto ripida. Il sentiero è evidente e ben segnalato. In circa 45 minuti usciamo dal bosco e perveniamo al lago Muffè presso cui vi è un punto ristoro e un alpeggio dall'aspetto di uno chalet.
Il tempo è discreto , il sole fa capolino ogni tanto. Dopo circa 15 minuti dal lago c'è il bivio per il Col de la Croix; il sentiero è segnalato come numero ma manca il cartello, l'avanguardia della comitiva si trova già talmente avanti che arriverà al Rifugio Barbustel tramite il Col du Lac Blanc, previsto per il percorso di ritorno.
La salita al colle è abbastanza dolce, in praterie alpine con qualche masso. L'ambiente del colle è idilliaco, con diversi laghetti, che invitano a una breve pausa, dopodichè iniziamo una discesa di 20 minuti sul versante della Vallone di Champdepraz, tra larici e grossi massi. Purtroppo le nuvole presenti sul versante opposto della Valle d'Aosta non ci permettono di vedere il Cervino e il gruppo del Rosa, che abbiamo proprio di fronte a noi. E' l'unico neo della giornata.
Finita la discesa a un bivio giriamo in direzione del Rifugio Barbustel che raggiungiamo, dopo aver costeggiato il Lago Vallette. Lo troviamo aperto, con parecchia gente seduta ai tavoli all'aperto. La maggior parte della comitiva decide di dar fondo ai viveri e in seguito di raggiungere i tre laghi vicino al Rifugio. I più allenati o più vogliosi, dopo una breve sosta, affrontano il percorso, che, dopo aver costeggiato i tre bei laghi suddetti, porta in poco più di un'ora, con una bella mulattiera che si inerpica nell'ultimo tratto tra rocce levigate dall'antico ghiacciaio, al Gran Lac, il bacino naturale più ampio della Val d'Aosta.
Ci si ritrova tutti poi al Rifugio Barbustel, dove, dopo la dovuta sosta dissetante o alcoolica, a gruppi si affronta il ritorno, passando dal Col du Lac Blanc e ricongiungendosi nel corso della  discesa col tracciato percorso in salita. Si torna a Champorcher col solito pullmino da 36 posti che deve fare due giri. Si torna a casa verso le 18, col tempo  che è  peggiorato, ma ormai siamo al riparo. E' andata bene, abbiamo potuto renderci conto dell'ambiente e delle montagne sovrastanti. Sono solo mancati i panorami verso i 4.000. Sarà per un'altra volta.

24-27 agosto 2011
Quattro giorni in Cadore dedicati alla montagna e alla cultura
Grazie a Renzo e Mara, i nostri amici del CAI di Mestre conosciuti lo scorso anno nella loro trasferta “valsusina”, abbiamo potuto scalare, scarpinare, visitare, apprezzare e “gustare” un angolo di Cadore.
Il programma iniziale prevedeva la scalata del Campanile di Val Montanaia, l’escursione in traversata dal rifugio Pordenone al rifugio Padova, la salita dell’Antelao; a queste avventure Renzo e Mara hanno dato una valenza turistico-culturale che ha reso indimenticabile questa trasferta dolomitica.
Ma andiamo per ordine … a beneficio di quanti ci leggono e non hanno potuto (o voluto) seguirci in questa trasferta dolomitica.
Ci ritroviamo tutti e 16 mercoledì 24 alle ore 6.00; sfrecciamo veloci sull’autostrada ed “atterriamo” a Longarone giusto in tempo per visitare il museo del Vajont. Immagini, scritti e reperti ci lasciamo profondamente commossi e turbati da questa immane tragedia. Con l’amaro in bocca risaliamo la strada verso Erto e Cimolais, ci fermiamo nei pressi della diga per renderci conto di quanto accadde in quella tragica sera del 9 ottobre 1963. Poi, dopo un breve spuntino, raggiungiamo Erto alla ricerca di Mauro Corona e della sue sculture. L’alpinista-scrittore-scultore non c’è, il suo laboratorio è chiuso, ci accontentiamo del vicino museo e di una bevuta in un caratteristico bar.
In serata siamo al rifugio Pordenone, stanchi del viaggio ma non certo della “lunga e faticosa” camminata per raggiungere il rifugio (5 minuti).
Ottima cena innaffiata da vino e birra che contribuiscono a scatenare la passione per il ballo di Marco; improvvisatosi maestro di tango, con un linguaggio veneto-argentino ci somministra 2 ore di risate degne delle migliori prestazioni di Zelig.
Il programma per giovedì 25 prevede la salita al Campanile di Val Montanaia oppure l’escursione traversata al rifugio Padova passando per la Forcella Montanaia.
Alle 6.30 Miriam, Luisella, Giorgio, Ivano e il sottoscritto si ritrovano a fare colazione pronti a partire per il Campanile. In rifugio entra Mauro Corona con un amico, anche loro diretti al Campanile; il gestore ci consiglia di lasciarlo tranquillo perché è reduce da una giornata e nottata di bisboccia (ecco dove era sparito ieri …), meglio aspettare che passino gli effetti dell’alcool …
Alle 9.00 siamo alla base del Campanile, Corona è già pronto a partire ma si ferma a chiacchierare;  è curioso di vedere come se la cava Luisella alla sua prima esperienza di arrampicata. Foto di rito e la promessa di rivederci in cima a “suonare la campana”.
Siamo due cordate un po’ lente, il tempo è bellissimo e caldo, ci godiamo i panorami, i passaggi, insegniamo a Luisella le cose più importanti per arrampicare in sicurezza, aspettiamo Ivano che non sta molto bene ed arranca sulla roccia come una vecchia locomotiva a vapore.
Quando arriviamo in vetta Mauro Corona non c’è più, ormai sarà rientrato a Erto, pazienza… Foto di rito, rintocchi alla campana, firma sul libro di vetta e giù in corda doppia; Luisella non fa una piega, scende come una veterana (ci viene il dubbio che abbia preso lezioni di alpinismo a nostra insaputa…). 
Ritorniamo al rifugio Pordenone e … con grande sorpresa troviamo Mauro Corona che ci aspetta davanti ad una birra.  “Ero curioso di sapere come se l’era cavata la bionda sul Campanile!!!” ci dice tutto allegro e così ordiniamo altra birra e ci sediamo a chiacchierare di donne e di montagne, di No Tav e di politica.  “Mi piacerebbe venire in Valle di Susa per vedere da vicino tutta questa storia della TAV”. Ivano non aspettava altro: scambio dei numeri di telefonino, definizione di un calendario autunnale. “Attenzione che se mi invitate vi svuoto le cantine!”.
Staremo a vedere…  Intanto incominciamo con autografi e dediche sui libri. E’ tardi, dobbiamo ancora scendere alle auto e farci 75 km fino al rifugio Padova dove ci attendono gli escursionisti; per strada, a Calalzo, si aggregano Renzo e Mara che ci faranno da guide per il giorno successivo.
Già, gli escursionisti … Alle ore 8.00 puntuale come un orologio “friulano” arriva al rifugio Pordenone Franco con un amico, saranno i nostri “angeli custodi” nella traversata fino alla forcella Montanaia e al rifugio Padova. Si sale lungo i ghiaioni infuocati dal sole, sin sotto il Campanile dove si vedono in parete gli altri Ugetini; fischi e saluti di incitamento e poi pausa al bivacco Perugini, prima dell’ultima infernale fatica sui  ripidi ghiaioni della forcella Montanaia. Oggi non c’è una nuvola, la temperatura è africana e non senza qualche difficoltà scendiamo gli ancora più ripidi ghiaioni che ci conducono nei boschi sovrastanti il rifugio Padova. Franco, del CAI di Pordenone, ci fornisce una quantità di informazioni e notizie sui luoghi, ci guida con sicurezza su pietraie e tracce di sentieri e regala a tutti una splendida pubblicazione sul Campanile di Val Montanaia. E’ ora di cena e gli “alpinisti” arrivano tutti impolverati e galvanizzati dalla scalata e dall’incontro con Corona.
Ottima cena e poi, a sorpresa, una serata di immagini dei luoghi presentata e curata dal simpatico alpinista-scrittore Paolo Salvini di Sappada.
La mattinata di venerdì 26 sarà dedicata al turismo ma Renzo a Mara hanno già organizzato una fitta agenda di visite ed appuntamenti. Si parte in auto per Sappada. Si inizia con una breve passeggiata nella gola delle Cascatelle e visita al vicino Piccolo Museo della Grande Guerra; un piccolo edificio pieno di reperti militari, armi, divise, ecc… organizzati e presentati in modo veramente efficace. Si riparte alla volta della Casa-Museo della civiltà contadina dove un breve sentiero conduce ad una vecchia bergeria perfettamente conservata ed arredata. Un simpatico anziano del luogo, parlando un italiano con forti inflessioni venete e tedesche, ci spiega che la casa, costruita nell’800, era abitata da fratello e sorella fino agli anni ’70 e poi, con la loro morte, acquistata dal Comune di Sappada. Esterni e interni sono ancora tutti originali e, in circa un’ora di spiegazioni, impariamo tantissime cose sugli abitanti della casa, sull’utilizzo delle varie attrezzature, sulla tipologia e caratteristiche della struttura.
Ma le sorprese non sono finite … all’uscita ci attende una favolosa degustazione di salami, affettati e formaggi della zona gentilmente offerti da un negozio locale di gastronomia.
La pancia è quasi piena ma ormai è tutto prenotato alla Berghutte a 2000 metri e così saliamo sulla seggiovia che ci porta in questo panoramicissimo rifugio posto sulle piste da sci di Sappada. Renzo ci snocciola nomi e informazioni di tutte le montagne della zona, mentre Mara svolge lo stesso compito ma con ingredienti e ricette dei piatti tipici. Sono le 14.00 ed è ora di scendere, il rifugio Galassi sotto l’Antelao ci attende. Da Calalzo, utilizzando i nostri 2 fuoristrada, il suv di Renzo e il gippone messo a disposizione dal rifugio raggiungiamo i 1300 metri della Capanna degli Alpini da dove parte il sentiero per il rifugio Galassi.
Tra abbracci, strette di mano e promesse di rivederci presto ci congediamo da Renzo e Mara e saliamo leggeri come piume (gli zaini raggiungono il rifugio in teleferica) al Galassi a 2018 metri.
Sopra di noi le vertiginose pareti della Cima Scotter a destra e l’imponente mole dell’Antelao a sinistra.
Il rifugio, una grande caserma militare ristrutturata dai soci del CAI di Mestre, è molto spartano ma funzionale, pulito e si respira ancora il clima del vecchio rifugio.
Il  rifugio è gestito direttamente dai soci che si alternano a turni settimanali, impegno notevole vista la grande quantità di frequentatori. La cena è ottima e il servizio impeccabile, purtroppo alla sera manca l’acqua perché la fontana da cui si rifornisce è praticamente asciutta a causa del lungo periodo di caldo e siccità che ha colpito le Alpi Orientali (anche noi siamo vittime dell’effetto serra).
Per il giorno dopo il meteo promette piogge e temporali; noi siamo dispiaciuti perché ci salta la salita al Re delle Dolomiti mentre i gestori sono contenti perché la fontana riprende il suo utile lavoro.
Ci corichiamo con un cielo stellato che sembra smentire le più funeste previsioni. Alle 5,50 ci sveglia la pioggia annegando le nostre speranze e i nostri sogni. Alle 7.00 neri nuvoloni corrono in cielo e lontani lampi non promettono niente di buono. Dopo la colazione in una breve riunione decidiamo di gettare la spugna ed anticipare di un giorno il rientro a casa. Solo Marco e Rita, che si fermeranno ancora qualche giorno sulle Dolomiti, decidono di restare al rifugio e tentare la salita all’Antelao per il giorno successivo (vetta poi raggiunta).
Scendiamo veloci per il sentiero, giusto in tempo per arrivare all’auto ed una  breve ma intensa pioggia ci lava le macchine. Sosta a Calalzo per acquisti e poi tappa mangereccia alla Birreria Pedavena. Breve visita al centro medioevale di Feltre e rientro a casa.
Quattro giorni che certamente resteranno per sempre nel cassettino dei ricordi belli ma soprattutto un modo diverso, rispetto alla nostra tradizione, di programmare e affrontare le escursioni di più giorni. Claudio Blandino

7 agosto 2011
Festa d’estate al rifugio Amprimo
Festa al rifugio in tono ridotto causa la pioggia.
Eppure eravamo partiti alla grande con la locandina scritta in 4 lingue e un programma che mirava a coinvolgere i bambini e le persone della zona originarie di altre nazioni.
Tutto era pronto ma non avevamo fatto i conti con il tempo brutto, anzi pessimo.
Saliamo in una ventina già al sabato per preparare la festa della domenica, in realtà ci limitiamo a guardare il cielo grigio e a giocare a carte rimandando tutto alla domenica mattina.
Sveglia con pioggia, a tratti schiarisce leggermente solo per rabbuiarsi nuovamente; breve riunione e decidiamo di procedere nel pomeriggio con il sorteggio dei premi e la raccolta di fondi, da inviare a Medici  Senza Frontiere, per i bambini del Corno d’Africa.
Alle 11,00 scendiamo alla Cappella del Cervetto dove si sposa l’amico Marco, assistiamo alla Santa Messa, breve rinfresco sotto i goccioloni “sposa bagnata, sposa fortunata….”e si torna al rifugio.
Un po’ di gente arriva, sono gli “afecionados” del Cervetto, lo “zoccolo duro del CAI”; mancano le folle, quelli che la domenica di sole riempiono i prati, quelli che fanno tre turni a pranzo, quelli che animano i giochi e contribuiscono a fare della festa al rifugio Amprimo un avvenimento “speciale”.
Peccato, un’occasione sprecata, ma soprattutto in questo caso una raccolta ridotta di offerte per Medici Senza Frontiere. Nonostante tutto siamo riusciti ad inviare 300 €.

31 luglio 2011
Rifugio Alpetto
Questa è stata un'escursione decisa la settimana precedente e fuori dal programma annuale.
Domenica 31 luglio il CAI aveva in programma di inaugurare il museo dell'Alpetto e così abbiamo deciso di aderire anche noi all'iniziativa.
Più che una vera escursione potremmo definirla una delegazione del CAI di Bussoleno che si è recata ad assistere alla cerimonia; in 11 ci siamo trovati in piazza del mercato alle 7,00 del mattino,il tempo brutto che promette pioggia e temporali scoraggia Elio e Valeria che optano per una passeggiata in zona. In 9 decidiamo di partire, rimpiangendo amaramente la decisione quando ci troviamo dalle parti di Pinerolo sotto un violento acquazzone; siamo tenaci e proseguiamo, ad Oncino il tempo è brutto, il Monviso è nascosto da grigi nuvoloni ma non piove.
Dopo tanta strada tanto vale incamminarsi seguendo il lungo serpentone di persone, provenienti da tutto il Piemonte, che sale verso il rifugio dell'Alpetto. Siamo in ritardo, la cerimonia inizia alle 11,00 e così il sottoscritto, Walter e Ivano partono in quarta. Arriviamo che sta per finire la S. Messa officiata dal Vescovo alpinista (è salito a piedi, come il Presidente Generale del CAI, disdegnando l'elicottero messo a disposizione dagli organizzatori).
Il museo dell'Alpetto trova collocazione nella vecchia e piccola baita costruita nel 1866 ed utilizzata fino al 1905 (anno di costruzione del Quintino Sella) come rifugio e base di appoggio per la salita al Monviso; di fatto sarà il primo rifugio costruito dal CAI. Attualmente nelle immediate vicinanze sorge il bellissimo e nuovo rifu gio dell'Alpetto.
La cerimonia dell'inaugurazione è breve ma significativa, subito dopo un coro locale intrattiene e rallegra i numerosissimi presenti.
Sempre con il cielo grigio e una temperatura ... autunnale mangiamo un boccone e scendiamo velocemente all'auto. Anche questa volta siamo stati fortunati e non ci siamo bagnati.

24 luglio 2011
Rifugio de la Femma
Quella che doveva essere la traversata Bellecombe-Tignes è diventata per forza di causa maggiore l’andata/ritorno Bellecombe-rifugio de la Femma. Evidentemente una sorta di iettatura ci perseguita, per cui anche quest’anno, come nel 2008, non siamo riusciti ad effettuare la gita programmata.
Le avvisaglie del maltempo le notiamo osservando i nuvoloni oltre il colle del Moncenisio, giunti al parcheggio di Bellecombe ci troviamo immersi in un tipico paesaggio invernale con tanto di nevischio e prati imbiancati. Ben imbacuccati ci avviamo verso il rifugio di Plan du Lac dove avremmo deciso il da farsi.
Una leggera schiarita e le previsioni meteo in miglioramento nella tarda mattinata ci inducono a proseguire secondo il programma prestabilito, senonché veniamo avvisati dal gestore del rifugio della chiusura per neve del colle dell’Iseran, quindi impossibilità per i pulman ad attenderci in Val d’Isere-Tarantaise.
Breve consulto e cambio di programma: destinazione vallone de la Rocheure con meta il rifugio de la Femma. Su bel sentiero dapprima pianeggiante e quindi in discesa raggiungiamo il fondo valle per proseguire in leggera salita sul versante opposto seguendo sempre il comodo sentiero in mezzo ai pascoli. In circa 2 h 30’min. arriviamo al confortevole rifugio de la Femma, mentre il sole ogni tanto fa capolino.
Al calduccio all’interno del rifugio consumiamo il nostro pranzo e, quando ormai stiamo tranquillamente sorseggiando il caffè, una nostra escursionista ci informa tutta agitata che non trova più i suoi scarponi (tolti per poter entrare in rifugio). Dopo i soliti “ ti sarai confusa”,”ti hanno fatto uno scherzo”, ecc…, scopriamo che un gruppo di trekkers francesi di passaggio hanno scambiato gli scarponi. Ma la cosa positiva è che gli scarponi lasciati al posto sono migliori di quelli sottratti, con soddisfazione dell’interessata; “non c’è un male senza un bene”.
Dopo aver assistito, in prossimità del rifugio, alle evoluzioni di una marmotta ormai domestica, riprendiamo il cammino del ritorno con il tempo in netto miglioramento che ci consente di ammirare lo splendido panorama delle montagne circostanti.
Breve sosta al rifugio di Plan du Lac per un boccone di merenda e via ai pulman per il ritorno a casa.
A parte alcune rinunce all’escursione comunicate il giorno precedente occorre fare un plauso ai 70 partecipanti che, nonostante il meteo sfavorevole, si sono presentati tutti alla partenza e hanno dimostrato un’encomiabile determinazione nel voler effettuare la gita sotto la neve e il vento freddo; un plauso particolare al decano del gruppo, il Sig. Banone Giuseppe.
Tutto sommato la soluzione adottata come variante al programma ha soddisfatto la maggioranza però, a pensarci bene, non era una giornata autunnale ma il 24 LUGLIO !!!!!!!!!!!!

Giovedì 14 Luglio 2011
Lavori di manutenzione al Bivacco Tornior
Giovedì 14 Luglio si sono svolti dei lavori di manutenzione al Bivacco Andrea Tornior che hanno riguardato principalmente la riverniciatura di tutte le pareti  esterne, porta di accesso e antone della finestra. La manodopera é stata prestata da : Emilio Tornior -Silvio Pent -Enzo Girodo - Claudio Blandino -Fiorenzo Pognant Gros. Gradita anche la presenza di Don Feliciano il giovane parroco di origini rumene di bussoleno che, da novello appassionato di montagna, percorreva per la prima volta la Val Thuras.
Lasciate le macchine oltre grange Thuras, con tanto di scala, impregnante, pennelli e quant'altro, ci siamo avviati verso il bivacco.  Organizzato il lavoro e armati di "Tola e Penel" in 2 h e 30 min. abbiamo completato l'opera. A mezzogiorno abbiamo pranzato all'interno del bivacco in quanto, pur essendoci il sole, l'aria era piuttosto frescolina. Stavamo sorseggiando il caffè, quando dalla porta, con una fragrante focaccia in mano ha fatto capolino la famiglia Didero ( Walter-Luisella-Manuela e il piccolo Matteo ) che sono venuti a farci una gradita visita.
Atteso che anche loro si rifocilassero e gustato con immenso piacere la buona focaccia, abbiamo ripreso la strada del ritorno soddisfatti del lavoro svolto.

9 e 10 Luglio 2011
Alla scoperta delle Prealpi - Laghi Gemelli
Eccoci qui, ancora una volta a raccontare, con l’entusiasmo che ci contraddistingue, i nuovi ambienti conosciuti grazie ad una gita del CAI. Ancora una volta la nostra associazione ci ha permesso di conoscere un aspetto nuovo delle montagne in una zona ancora per lo più incognita: le Orobie, più precisamente il parco montano forestale delle Orobie.
Il territorio è quello bergamasco, a nord-est della bella cittadina lombarda, nota anche per la sua portentosa sezione del CAI che si occupa della tenuta dei sentieri, dei rifugi e della loro promozione.  Non siamo distanti dal lago d’Iseo che ci aveva accolti nel 2009 con la gita al Monte Isola.
Quando arriviamo a Valcanale, frazione di Ardesio, con alle spalle un discreto numero di ore di pullman e le relative giunture inchiodate, è grande il desiderio di affrontare il sentiero e non ci dissuade la temperatura abbastanza elevata e il sole a piombo su cappellini e foulard. Ci incamminiamo con passo spedito lungo l’abetaia che, giunti al rifugio Alpe Corte, lascia rapidamente il posto ai prati permettendoci così di approfittare del sole e della vista di una splendida fioritura che tappezza tutto il percorso fino al colle. Alla nostra sinistra il Pizzo Arera ci affascina con un assaggio di paesaggio dolomitico.
Superiamo una serie di risalti glaciali, con i loro erti sentieri a far ricordare a qualcuno (la sottoscritta) la mancanza di allenamento, per giungere al valico dei Laghi Gemelli. Questo è il posto tappa previsto per il pranzo dove, formati i soliti gruppetti, iniziamo a rifocillarci riproponendo il rituale scambio delle vettovaglie.
Dal colle  iniziamo la breve discesa verso il rifugio, che si trova sul versante della Val Brembana nei pressi di un bel lago incastonato in una conca, dove il verde intenso della vegetazione conferma la ricchezza d’acque per cui la zona è famosa.
Al rifugio c’è chi approfitta per un riposino, chi inganna il tempo con giochi e lazzi, chi già si prepara per la cena … ma alle 19 in punto nessuno manca all’appello! E molti ricorderanno a lungo le specialità che Stefano, Maurizio e i loro collaboratori hanno preparato per noi: il pregevole risotto ai mirtilli con il formaggio Branzi, la pasta alla boscaiola, il maiale alla birra, la carne d’asino, i dolci … il tutto debitamente annaffiato con del buon Merlot che ha scaldato l’atmosfera e sciolto (un po’ troppo) le lingue fino a portare un gruppetto ad esibirsi in performance degne delle migliori piole piemontesi!
Domenica mattina, dopo colazione, ci avviamo per un largo circuito che ci conduce a vedere altri due laghi che, come il Gemelli, vengono sfruttati per la produzione di energia idroelettrica. Se si fa eccezione per le massicciate delle dighe, questo genere di sfruttamento ha comunque lasciato abbastanza preservati i versanti, le sponde lacustri e, a giudicare dal buon numero di pescatori incontrati, anche l’ittiofauna.
Tornati al rifugio ci rendiamo conto del fatto che il tempo sta guastandosi, non riusciamo ad avere rassicurazioni dal gestore in merito alla possibilità di fare il giro che avevamo previsto, anche lui concorda con gli organizzatori in merito al fatto che un temporale preso su questi colli non sia una bella esperienza.
Miriam, Claudio e Oscar si riuniscono in un rapido consiglio e, scartata l’idea di eliminare le zavorre (sempre l’autrice) fingendo poi di averle smarrite nei boschi, concordano di rifare parzialmente il percorso di andata, conducendo i trentanove intrepidi prima verso il colle Mezzena, poi di nuovo al colle dei Laghi Gemelli e da lì verso Valcanale.
La decisione non è stata ben accolta da tutti, ma è anche vero che gli organizzatori di una gita come questa hanno una grossa responsabilità rispetto ai soci ed agli amici che vi partecipano per cui ci sforzeremo di perdonar loro un pochino di prudenza in più!
Con gli occhi, e le macchine fotografiche, ancora pieni di nuove immagini delle nostre meravigliose catene alpine, guardiamo attenti … alla prossima ….

1-3 luglio 2011
Traversata dell'Adamello
1 luglio 2011
E’ una calda giornata estiva, le previsioni sono abbastanza buone per tutto il week end e qual è il modo migliore di spenderlo, se non facendo un giretto ad alta quota?  Così si parte per l’Adamello. Siamo  in 19, dopo il lungo avvicinamento per la Torino-Piacenza  le gambe iniziano già a scalpitare, le vette che circondano la statale le fanno fremere, il cielo delle Dolomiti sembra più limpido e attraente. Passiamo per paesini dal nome esotico come l’africano Temù o i fantasiosi Edolo e Cevedolo, secondo Mario  i nomi bresciani dell’ottavo e del nono nano. Ed ecco che si apre la Val d’Avio, la strada si stringe fino a diventare un atletico sterratino che porta alla Malga Caldea. Immagazziniamo qualche carboidrato utile a superare i  980 m di dislivello che ci aspettano per giungere al rifugio Garibaldi.
Il sentiero dopo la malga Caldea diventa una calda e ripida strada asfaltata, il sole cocente riflesso dal nero camminamento ci trasmette tutto il suo arido calore. Il monotono asfalto termina al laghetto d’Avio, da qui si prosegue lungo il litorale dei  tre bacini fino ad imbucare un sentiero sulla destra, che propone splendidi paesaggi da cartolina, con torrentelli, cascate  e qualche sperduta malga che fanno da cornice. Si prosegue tra prati e boschetti, per poi sbucare su un’antica mulattiera chiamata il Calvario dagli alpini durante la Grande Guerra (presto capiamo perché), un lieve venticello  subito ci dà un po’ di sollievo, ma poco dopo cresce d’intensità, non è più tanto piacevole. Passate circa tre orette di marcia appare il rifugio Garibaldi  preceduto da una chiesetta dedicata ai Caduti sull’Adamello ricca di alcuni artistici ex –voto. Fanno da contorno a quest’isola felice la Nord dell’Adamello e un’imponente diga che la mattina del secondo giorno abbiamo ritrovato illuminata da potenti lampioni. Il rifugio appare ben accogliente. Ci ritroviamo tutti in mansarda in una super camerata da almeno quaranta posti. Dopo una dolce merenda o una consolante birra, una rinfrescata e qualche partita a carte ecco in tavola la cena, non male, soprattutto la conclusione, i gestori ci offrono due “bute” di liquori, uno dolce alla pesca e un amaro, noi per non offenderli li abbiamo finiti. I liquori sono serviti,  hanno conciliato bene il sonno e reso la camerata silenziosa. Il silenzio subitaneo sarà dovuto ai liquori o al timore per la lunga salita che ci spetta il secondo giorno?
2 luglio 2011
La sveglia suona alle 3,30, dai letti sgusciamo fuori intimiditi dall’intensa luce che si riflette sulle nostre palpebre ancora socchiuse. In questo frangente Mario ci supera con la sua rigida disciplina di vero alpinista, presentandosi a colazione con addosso imbrago e casco, Miriam sostiene che lo abbia fatto per non correre il rischio di lasciarli al rifugio.
Alle 4,30 è ora di partire, attraversiamo la diga su una palcoscenica passerella poi il sentiero inizia a montare. Il sentiero termina in un nevaio, è ora di tirar fuori la picca e grazie a un lavoro da ce sellatori di Marco e Lorenzo almeno per questo tratto, sfruttando i gradini, ci siamo risparmiati i ramponi. Il nevaio termina all’attacco della ferrata che conduce al passo Brixio. La ferrata è carina, necessita di almeno un cordino e un moschettone nei passi più esposti. Dopo aver scollinato sul passo c’è un bivacco. Appare sotto di noi l’enorme plateau del ghiacciaio dell’Adamello (il più esteso ghiacciaio interamente italiano), un mare bianco-latte  che dovremo attraversare subito dopo l’ascesa al Monte Adamello. 
La discesa dal passo Brizio appare problematica senza ramponi e dopo un ulteriore pezzettino di ferrata, Claudio unisce due corde  a cui ci assicuriamo con un autobloccante per arrivare intatti al pianoro ghiacciato, la manovra, l’indossare i ramponi e il sistemarsi nelle cordate ci portano via un’ora. Un rampone di Rita si spacca irreparabilmente. Il ghiacciaio alterna tratti di salita ripida, come quello che conduce al Passo degli Italiani, che termina con una serie di roccette, a tratti in cui possiamo tirare un po’ il fiato.
Dopo una breve sosta mangereccia alla fine delle ultime roccette, ripartiamo e raggiungiamo  la croce finale accolti da un lieto canto alpino di un gruppo di ferrovieri guidati da un prete (iscritti alla S.A.T), le nostre avanguardie Luca e Lorenzo ci aspettavano in loro compagnia. Il panorama è stupendo, in quel frammento di mondo tutto sembra finalmente perfetto.  Scattiamo una serie di foto memoriali e ripartiamo, inizia la lunga discesa. Le cordate si ricompattano, “Bene, ci siamo tutti” esclama Miriam soddisfatta.  Il ghiacciaio con la sua lieve pendenza presenta dapprima una neve ottima, soffice e compatta. Il tempo passa, dopo due ore e mezza siamo ancora a quota 3000 metri; causa il sole e il caldo, il terreno ghiacciato è liscio e compatto come lo può essere un campo di patate, una goduria per i nostri piedi sollecitati da diverse ore di camminata. Siamo ormai disfatti, dopo una decina di ore però ci pensa il ghiacciaio stesso a darci il giusto sprint ponendoci di fronte ad una adrenalinica seraccata. Walter apre la strada saltando come un grillo da un crepaccio all’altro e misurando fin troppo da vicino la profondità di uno dei primi. L’atmosfera diventa tesa, Claudio teme la nebbia e ci incita con i sui “daiiiiii!”, Rita-mono-rampone  tira fuori tutta la sua grinta e supera con l’aiuto di Marco e Giorgio tutti gli ostacoli.
Finalmente arriviamo al termine dell’eterno ghiacciaio, ma questo risveglio finale ci permette di raccogliere le forze e percorrere l’ultima ora che ci separa dal rifugio Città di Trento. Anche qui ci sistemiamo in una calda mansarda e ci precipitiamo alla cena, abbiamo una libera scelta tra cinque primi e quattro secondi, tra questi molti piatti tipici, una bella abbuffata degna dei migliori rifugi trentini. Poi visto che noi “ la strachità savuma nianca cos ca sia” siamo andati tutti a nanna alle 21.
Guido Rey diceva che “alcuni cercano nella fatica un riposo ancora più grande”, aveva perfettamente ragione: come si sono spente le luci il concerto ha avuto inizio. La prima voce e la guida della melodia risuonava dal letto di Pier, la seconda voce in sottofondo proveniva dalla zona-Mario aiutato ogni tanto da qualche assolo di Luca. Era una perfetta armonia che, a dispetto dei mal pensanti, conciliava il sonno. Dopo 12 ore di camminata anche un “ciuchè” lo concilierebbe!

3 luglio

Oggi la sveglia suona alle 6,30, il più soddisfatto di tutti è Omar, “nemmeno a casa riesco a dormire otto ore filate come mi è capitato qui!”, seguito da Miriam ”nemmeno Activia mi fa un effetto così”. La colazione ci dà la carica giusta per partire, gli ultimi 600 metri di salita della vacanza si fanno sudare. Dopo la breve pausa vicino a un laghetto si riparte, il tratto terminale che scollina sul Passo Maroccaro presenta un po’ di difficoltà, così Claudio e Marco lo addomesticano con una corda fissa e una magistrale gradinatura. Al momento del ritiro la corda parte, Claudio la recupera sobbarcandosi ancora un po’ di sali-scendi. 
Dall’altra parte del passo ci aspetta un nevaio, ritiriamo fuori i ramponi dallo zaino, ormai speravamo non ci servissero più.  Passiamo di fianco al nevaio telonato, stratagemma utilizzato dagli impianti sciistici per permettere lo sci estivo. Scendiamo ancora un po’ fino “all’ultimo obiettivo” ovvero la funivia, che ci risparmia un bel tratto di discesa fino a passo Tonale. Qui una parte dei protagonisti parte alla volta del ritorno e alcuni autisti recuperano le macchine lasciate a Malga Caldea. E’ il momento dei saluti. Il week-end è quasi finito, manca ancora il lungo rientro ma passa in fretta rimuginando sulla bella avventura appena conclusa.

26 giugno 2011
Finestra di Cignana
Una giornata stupenda ci accoglie alla partenza da Perrere, dove lasciati i due pullman, iniziamo a salire, prima tra una rigogliosa pineta di larici e dopo su un sentiero che sale regolare tra pascoli in fiore; una prima sosta per la foto di gruppo con alle spalle il Cervino, mai come oggi cosi bello e imponente. Raggiunta la finestra di Cignana uno sparuto gruppo decide di fare una veloce puntata ad una punta li vicino mentre la gran parte del gruppo scende verso il lago di Cignana e la cappelletta che sorge sulla sua sponda dove ci fermiamo per il pranzo.
Finito il banchetto e aspettatato il gruppetto dei tenaci che hanno raggiunto la Cima si riparte in direzione del Rifugio Barmasse, raggiunto dopo aver superato il coronomento della diga. Lì,  viene preso d’assalto per i caffè e qualche bibita fresca e dissetante. Inizia la discesa ripida sotto un sole sempre più cocente, discesa che a Promoron diventa un dolce sentiero pianegginate all’ombra con sullo sfondo sempre l’imponente mole dello “scoglio” più nobile d’Europa; dopo una breve sosta ad un area attrezzata con una fontana di  acqua freschissima che viene presa d’assalto, si riparte e si passa sotto brevi ma numerose galleria del vecchio percorso della decauville che portava il materiale per la costruzione della diga; l’anello finisce di nuovo al parcheggio di Perrere dove ci aspettano i pullman.
Gita ottimamente riuscita sia per gli scenari panoramici e i luoghi che per il tempo metereologico e il numero di partecipanti. Un complimento particolare va a Carla, che nonostante la mattina durante il viaggio si sia sentita male ha portato a termine la gita sempre con il sorriso sul viso.

18-19 giugno 2011
Pic de l'Etendard
37 iscritti alla gita. Al mattino 2 defezioni. Ritrovo alle 13.00 a Bussoleno: tempo brutto, altre 2 defezioni. Si parte in 33. Al Moncenisio Piove, a Modane piove; pazienza, vuol dire che ci bagneremo… Al Colle de la Croix de Fer non piove ma ci sono nuvoloni e nebbie a tratti. In 90 minuti siamo al Refuge de l’Etendard. Bellissima costruzione, grande sorpresa… le camerette sono riscaldate.
Ci ritroviamo nel salone, birra e chiacchiere varie. Il meteo per il giorno dopo promette sole; a veder fuori non si direbbe, ha ripreso a piovere. Ottima cena (rispetto alla media dei rifugi francesi).  Oltre a noi c’è un gruppo di francesi accompagnati da una guida. Alle 21 tutti a nanna perché la sveglia è alle 3,30.
Suona la sveglia (ma perché in montagna bisogna sempre partire presto? So già la risposta…). Mi alzo, sono tutti agitati, fuori nevischia. Si parte? Non si parte? I francesi tornano a dormire. Iniziano le previsioni meteo fai da te con tanto di proverbi. Si decide di partire (al massimo se non migliora tra un paio d’ore ritorniamo), sembra una gita invernale mancano solo le ciaspole. Strano, ma c’è solo una defezione. In 32 sotto la neve con le pile frontali andiamo alla ricerca del sentiero che non c’è, o meglio, che a tratti sparisce sotto i pochi centimetri di neve.
L’alba ci sorprende a costeggiare il secondo lago in un ambiente spettrale tra sbuffi di nebbia e apparizioni lunari. Non nevica più, in alto si intuisce che il tempo è bello. Si prosegue. Arriviamo all’inizio del ghiaccio, calziamo i ramponi, ci leghiamo in cordata. Le nuvole si squarciano mostrandoci il percorso e la bella cuspide del Pic de l’Etendard. Il meteo ci ha premiato. Risaliamo i pendii che diventano sempre più ripidi. Fortunatamente ci sono solo 2-3 cm di neve fresca che forti raffiche di vento ci sparano in faccia. Molto più in basso scorgiamo le cordate dei francesi; troppo tardi, oggi la vetta del Pic parlerà italiano.
Gli ultimi 200 metri sono i più duri, aumenta l’inclinazione, ci sono zone ghiacciate, il vento aumenta d’intensità. Qualcuno non se la sente di continuare, ricomponiamo le cordate e si riparte. In realtà l’ultimo tratto è meglio di quanto sembrava visto da sotto. Una cordata per volta, in 18 arriviamo in vetta. Il forte vento consiglia di scendere sulla cresta sottostante. Ricompattiamo il gruppo e decidiamo di calare 150 metri di corda lungo il tratto più ripido; un questo modo riduciamo i rischi e velocizziamo la discesa. Uno per volta scendiamo lungo la corda, l’ultimo sgancia tutto e scende in libera. Veloce discesa lungo il ghiacciaio e poi l’interminabile scarpinata fino al rifugio e poi all’auto.
Tutti mi sembrano entusiasti per aver fatto questa bella salita in ambiente decisamente di alta montagna. Al parcheggio grandi abbracci e saluti, una sorsata di malvasia e l’appuntamento per le prossime uscite alpinistiche: traversata dell’ Adamello, Punta Giordani, Antelao.

12 giugno 2011
Bousson, Raduno Intersezionale
Quanti eravamo al raduno Intersezionale?
Bella domanda…  i conti approssimativi sono facili: c’erano 300 braciole, 300 pezzi di pollo, 300 salcicce, 600 pagnottine, ecc… tutto sparito!
I numeri esatti li darà tra qualche giorno il segretario, noi del CAI di Bussoleno eravamo una quarantina di cui 16 hanno partecipato alla gita in MTB e altri all’escursione.
Ma andiamo con ordine. Ritrovo alle ore 9,00 a Bousson, si scaricano le bici, si scaldano i muscoli, si morde il freno. Alle 9,30 si parte;  i numerosi bikers del CAI di Alpignano sono tutti in divisa azzurra con casco in testa, noi di Bussoleno siamo un’allegra, variopinta (indisciplinata) eterogenea compagine che naturalmente ha il casco appeso al manubrio della bici (tanto si va in salita… lo mettiamo poi in discesa…). Giustamente ci viene fatto  notare che è una gita del CAI e il casco va messo in testa; un po’ a malavoglia ma tutti si adeguano.
Lungo la strada che conduce al Lago Nero e Capanna Mautino il gruppo si sgrana, si formano i vari gruppetti di chi va più veloce o di chi ha il fiato lungo. Per un po’ gli amici di Alpignano (che sono gli organizzatori) cercano inutilmente di mantenere unito il gregge (o almeno cercano di evitare che qualcuno di noi sbagli strada) poi, arrivati al Lago Nero gettano la spugna. Discesa “fai da te” ma tutti ci ritroviamo alle colonie di Bousson per la braciolata. In un attimo spuntano tavolini, sedie, tovaglie, vivande e bottiglie di ogni tipo.
Forse non saremo ancora tanto organizzati e affiatati nella bici ma in quanto a logistica “culinaria” nessuno ci batte. Il tempo bello, la buona compania, un po’ di moto e l’ottimo cibo sono gli ingredienti  giusti per il successo  della giornata; in più i soliti fortunati tornano a casa con qualche premio della lotteria.

29 maggio 2011
Monte Grona – Escursione
Tra i primi ad arrivare in piazza del mercato a Bussoleno alle 5,50 c’è il piccolo Yuri (anni 4), con mamma papà e nonna, zainetto in spalla con i giochini preferiti, camminerà senza grossi problemi fino al rifugio suscitando in tutti noi tanta tenerezza ed ammirazione, bravo Yuri!
La giornata si preannuncia subito bella e soleggiata, anche il lungo viaggio non è poi così male, il paesaggio del lago di Como è uno spettacolo, vegetazione rigogliosa, ricche fioriture, giardini e ville da favola scorrono sotto i nostri occhi. Alle 10,30 dopo un consistente numero di stretti tornanti che mettono a dura prova la qualità dei nostri due autisti, finalmente arriviamo a Breglia e ci incamminiamo spediti lungo il sentiero che ci porta al Rifugio Menaggio. E’ da poco passato mezzogiorno e fa molto caldo quando arriviamo.
Breve consulto per decidere il da farsi. Alcuni non intendono fermarsi e proseguono subito per la vetta del Monte Grona, chi per il sentiero della Direttissima chi per quello della Normale, entrambi molto ben segnalati; altri decidono di fermarsi e mangiare; infine c’è chi opta per uno spuntino veloce e poi su verso la cima, io sono tra questi. Verso le tredici ripartiamo, siamo una decina e saliamo lungo la Direttissima, è un bel sentiero, molto panoramico, esposto quel tanto che basta da imporci di percorrerlo con attenzione ma senza mai metterci in difficoltà, ed in un’oretta raggiungiamo gli altri in vetta, che spettacolo! Sotto di noi si apre un panorama che scatena i nostri fotografi, si vedono i laghi di Como, di Piano, di Lugano e possiamo a tratti seguire il procedere dei nostri amici che lungo lo sperone roccioso che porta in vetta al Grona stanno percorrendo la ferrata.
I tempi previsti si stanno un po’ dilatando, soprattutto per quanto riguarda i ferratisti, si discute su cosa fare: aspettare, scendere e magari decidere di far partire prima uno dei due pullman, poi prevale l’idea del “tutti assieme” e se arriveremo dopo a casa ….pazienza! Sono da poco passate le quindici ed ecco uscire in vetta i primi ferratisti ed un poco alla volta arrivare anche gli altri. Ci incamminiamo verso il Rifugio e quindi ridiscendiamo il più rapidamente possibile per quanto ce lo consentono le nostre gambe già stanche; finalmente eccoci tutti sui pullman, siamo in ritardo di oltre un’ora, ma ne è valsa sicuramente la pena perché è stata una bella gita apprezzata da tutti.
Il viaggio di ritorno si svolge fortunatamente senza le temute code e verso le 23,00 siamo di nuovo in piazza del mercato a Bussoleno e Yuri, fresco come una rosa e contentissimo per il gioco che nonna gli ha comperato in autogrill, si avvia a piedi verso casa.

29 maggio 2011

Monte Grona - Ferrata del Centenario
Raggiunto il Rifugio Menaggio si iniziano i preparativi per affrontare la ferrata, ci si imbraga, si controlla che tutti siano a posto, siamo 24, la ferrata è lunga e viene data per difficile, non c’è tempo per mangiare, giusto una barretta e via, i più veloci in testa, a seguire gli altri, a chiudere io e Flavio a fare da scopa.
La via è molto bella, una roccia solida e ben appigliata e la quasi totale assenza di supporti artificiali ci invita a salire arrampicando piuttosto che tirare sulla catena, certo ci vuole un po’ di dimestichezza con la roccia, ed una certa decisione e forza nel superare i punti più impegnativi.
Chi non è allenato lamenta subito qualche problema, ben presto da sopra viene calata una corda per assicurare chi è più in difficoltà e la progressione si fa lenta. Dopo il primo torrione ecco una “via di fuga”ed un gruppetto, chi per stanchezza chi per fame,decide di sfruttarla e tornare al rifugio. Sul secondo torrione procediamo un po’ più spediti, la stanchezza però comincia a farsi sentire, vediamo che sta venendo tardi ed alla successiva via di fuga qualcun altro decide di uscire dalla ferrata; dopo tutto hanno già percorso un bel tratto e sono contenti di essersi messi alla prova.
In coda adesso restiamo io, Flavio e Tommaso, che fare? Uscire o decidere di andare in vetta, nel qual caso dobbiamo correre, gli altri sono più avanti, ci consultiamo e visto che  ci sentiamo bene proseguiamo; percorriamo il terzo torrione quasi di volata ed anche noi usciamo in vetta, ancora una volta non c’è tempo per mangiare, e rapidamente guadagniamo il sentiero di discesa e raggiungiamo il Rifugio, spuntino (finalmente!) veloce e tutti giù dove ci aspettano i pullman.
Ferrata bellissima che ha soddisfatto tutti! Un bravo a chi è arrivato in cima ma un doppio bravo a chi, con poca esperienza e allenamento, è riuscito comunque, stringendo i denti, a percorrerne un buon tratto. Giorgio Ferraris

21 maggio 2011
GIORNATA NAZIONALE DEI SENTIERI
Abbiamo anticipato di una settimana la pulizia dei sentieri, per permettere ai soci sportivi di assistere al passaggio del giro d'Italia al colle delle Finestre. Quindi il 21 maggio l'abbiamo dedicato a ripristinare il sentiero che dalla borgata Ballai, passando per i Gros, raggiunge il nostro rifugio. Vista la difficoltà di coordinare l'intervento delle varie Associazioni di volontariato, impegnate in altre manifestazioni, abbiamo deciso di agire da soli.
Ci siamo divisi in due squadre: una composta da quattro persone è partita da Ballai ed è salita ai Gros, l'altra (7 persone) da questa borgata ha ripulito il sentiero fino al rifugio. Il lavoro della prima squadra è consistito nell'individuare il vecchio sentiero, quello che è ancora in parte selciato "la carcà", in molti punti ricoperto da uno spesso strato di foglie, segnalarlo con vernice bianca, liberarlo dai tronchi e dai rami secchi.
La seconda squadra, munita di decespugliatore, ripulito il sentiero dalle ortiche nei tratti che precedono e seguono la borgata Gros, ha continuato il lavoro di pulizia fino al rifugio e, nell'attesa del pranzo (offerto dalla sezione), ha liberato la "bealera" dagli infiniti sassi che si erano accumulati nel suo interno sotto i ponticelli.
Nel ritorno alle auto, la segnaletica è stata completata aggiungendo il colore rosso al bianco che era stato steso salendo.
Complimenti a Cosimina unica donna che ha partecipato alla fatica.

8 maggio 2011
Monte San Bernardo
Una bella giornata primaverile accoglie, verso le 9.30, a Villar San Costanzo, il pullman con i circa 60 partecipanti nell'ampio parcheggio   situato in una bella zona verde  nei pressi dei caratteristici “ciciu”.
Queste piramidi di erosione, dalla forma di enormi funghi porcini, sono la prima curiosità della gita e stimolano la passione fotografica di numerosi partecipanti. 
Dopo la doverosa pausa per ammirare questi fenomeni  geologici si riprende il cammino percorrendo un erto sentiero che si inerpica nel bosco, costeggiando altri “ciciu”, e mette subito a dura prova le nostre gambe e il nostro fiato. Dopo circa 45 minuti di salita si arriva su una strada sterrata militare (la Strada dei Cannoniche si snoda sulla dorsale tra  Valle Maira e Val Varaita dalla pianura fino al Colle di Sampeyre). Percorrendo un tratto di questa strada con salita moderata in una bella foresta con tante betulle e conifere arriviamo piacevolmente al Colle Liretta (mt. 1.100). 
Qui abbandoniamo la strada e percorriamo un sentiero pianeggiante (tranne un tratto piuttosto ripido che richiede ca. 5 minuti) che attraversa il versante sud est della nostra montagna e ci permette di avere una bella vista sulle Alpi Marittime e Liguri e sulla pianura cuneese. Si  arriva nei pressi di una baita e qui il nostro gruppo  si divide. Una ventina di persone, sotto la guida di Osvaldo Segontino, proseguono per il sentiero pianeggiante che raggiunge la cresta della montagna per poi  scendere verso l'Abbazia di San Costanzo, gli altri, sotto il sole di mezzodì affrontano gli ultimi 400 mt. di dislivello su un sentiero molto ripido, senza respiro, che dapprima raggiunge la cresta sud a quota 1.300 mt. per poi inerpicarsi, tra grossi roccioni e con poca vegetazione, fino alla vetta sormontata da una enorme croce metallica alta una decina di mt. La selezione è impietosa, degna, tanto per essere in tema, di un tappone di montagna del giro d'Italia, ma tutti raggiungono la vetta, ricompensati da un caldo sole e da un esteso  panorama con la parete sud-est del Monviso in bella evidenza. Abbiamo impiegato tra le 3 – 3,30 ore dalla partenza. E' l'ora giusta per dar fondo ai viveri e alle bevande, ci si riposa, e, dopo aver scattato le foto di gruppo, verso le 14.15 si affronta la discesa seguendo la cresta di salita  fino al bivio a quota 1.300 mt. Si prosegue in discesa per  questa cresta con alcuni tratti ancora ripidi fino a raggiungere le case in rovina del Chiot Fontana dell'Asino. La giornata calda stimola la sete ma la ricerca dell'acqua, malgrado il nome, è improduttiva. 
Si prosegue raggiungendo una strada sterrata che ci porterà, seguendo i segni gialli del Percorso Occitano, fino all'Abbazia di  San Costanzo. Lungo il percorso non si trovano fontane e si arriva all'Abbazia assetati con l'illusione di trovare l'acqua presso una fontana con tanto di targa commemorativa, ma asciutta. All'Abbazia troviamo l'altro gruppo. Ci si ferma ad ammirare l'edificio, in parte restaurato ed in attesa di ulteriori fondi per il completamento, che, pur se 
meno imponente, ricorda per certi parti architettoniche la nostra Sacra di S.Michele. 
Manca ancora un'oretta per giungere a destinazione. Si continua su sterrata e, dopo poche centinaia di metri, i Santi, e più precisamente San Benigno, soddisfano la nostra sete, facendoci trovare una fontana da cui sgorga tanta acqua fresca. Si fa la coda, come al supermercato, quindi si procede, dapprima per una moderata salitella e poi in discesa . Si  giunge alle prime frazioni di Villar San Costanzo, la stradina diventa asfaltata e si ammirano alcune abitazioni ben inserite nell'ambiente. Verso le 17 si arriva al piazzale dove ci attende il pullman.Dopo aver dato l'assalto alle bevande del bar, verso le 17.45 si parte  per tornare nella nostra Valsusa.

15 maggio 2011
Cicloturistica del Lago di Annecy
Quando si parte alle 06.00 del mattino sicuramente molti di noi escursionisti vedono un po’ di grigio già naturalmente sotto le palpebre e, a dire il vero, stamani nell’attraversare il Freyus il tempo che si preannunciava  per la cicloturistica e MTB al Monte Semnoz sul magnifico lago di Annecy non era proprio al massimo delle aspettative. Il grigio altalenante lascia comunque un ampio spazio al sereno quando giunti in prossimità del lago ci dividiamo dal gruppo dei “duri” in MTB che dovranno affrontare la lunga salita al Monte Semnoz.
Siamo in 28 ad allungarci in un lungo serpentone sulla bellissima ciclabile che costeggia la riva destra di questo angolo di Francia. L’atmosfera del Giro d’Italia ci ha contagiato; tutti partono spediti bruciando le tappe e, in poco meno di un’ora e mezza, siamo già al punto prestabilito per la sosta pranzo. Decidiamo di continuare, oltre i confine del Lago, per altri cinque chilometri sulla ciclabile che porta, lungo il vecchio tracciato della ferrovia, sino ad Albertville.
Diamo così tempo al cielo di pianificare il temporale per la nostra pausa pranzo; spuntino che non fu mai cosi breve e consumato ad intermittenza tra i numerosi trasferimenti in cerca di luoghi riparati.
Il ritorno segna fortunatamente la comparsa del sole, che colora le acque del Lago di Annecy in modo suggestivo, quasi a ricordare paesaggi ben più lontani ed esotici.
Epilogo da non trascurare; l’immancabile tour per le antiche e suggestive vie della città di Annecy, prima di affrontare il ritorno alle nostre contrade, con il pensiero ormai rivolto alla prossima escursione: 29 Maggio al Monte Grona con l’annessa Via Ferrata del Centenario.

15 maggio 2011
MTB Monte Semnoz
Eccoci alla seconda uscita ufficiale del gruppo MTB, riuniti questa volta per affrontare il Monte Semnoz. I 1200 metri di dislivello e il tempo non molto favorevole scoraggiano i più timorosi che optano per la cicloturistica. Ci ritroviamo in 13 alla partenza con Sissi come unica rappresentante del gentil sesso.
Il numero 13 porterà fortuna o sfiga? A Claudio decisamente sfiga, perché dopo pochi metri la sua MTB deve ricorrere alle “veloci ma costose” cure di un meccanico.
La partenza ci vede impegnati ad affrontare la salita su asfalto accompagnati da un po’ di sole e temperature “freschine”.
Dopo 18 km raggiungiamo la ventosa e gelida punta del Semnoz, dove facciamo una breve pausa per ricaricare  le batterie con un po’ di cibo. Compattato il gruppo siamo pronti ad affrontare la “tosta” discesa nella foresta.
Le piogge dei giorni precedenti hanno reso più impegnativi alcuni tratti del variegato e divertente sentiero con passaggi nel fango e su radici scivolose. Tra molto freddo, qualche fiocco di neve, qualche goccia di pioggia, un po’ di sole e fortunatamente poche cadute arriviamo al termine della discesa nei tempi previsti, stanchi-stanchi ma soddisfatti dell’impresa e ci riuniamo al gruppo che ci attende al bus.
Tutti soddisfatti e contenti ci facciamo fotografare in riva al lago, un bravo a Osvaldo che non pedalava da una dozzina di anni, a Sissi che ha tenuto testa a tanti maschietti, a Michele per il ritorno alla bici dopo 10 anni di “digiuno”.
Un grazie a tutti i Bikers partecipanti e vi aspetto alla prossima uscita il 12 giugno a Bousson - Monti della  Luna .

22-25 aprile 2011
Costa Azzurra
“Claudio! Com’è la meteo?” “Qui a  Cavalaire abbiamo avuto cinque giorni di sole, ma la previsione è di un fine settimana di pioggia battente!” Ci vuole un bel coraggio a portare 116 persone a spasso per la costa francese con questi pronostici!!!! Eppure, questa volta, la fortuna ha aiutato gli audaci. Se caliamo un pietoso velo sulla giornata di sabato, in cui la pioggia ed il vento hanno consigliato il relax nei pratici bungalow, per il resto tutto è filato liscio! Il team degli organizzatori ha guidato il folto gruppo con teutonica determinazione e, salvo per le inversioni di giornate, il programma è stato seguito alla lettera.
La zona di Cavalaire-sur-Mer, a pochi chilometri da Saint Tropez, non ha in questo periodo la consueta atmosfera chic,  anzi, il tono generale è quello di un gradevole paesino costiero poco frequentato che si rassegna a subire, torpido, l’invasione della torma di italiani.
Appena giunti in campeggio, venerdì alle 13,30, tutti vengono spronati ad una rapida preparazione per la prima uscita, la traversata delle Creste del Pradels. Il gesto atletico, con la rapida salita sulle creste, fornisce l’occasione per una simpatica sgambata, ma il vasto panorama è livido e spento al punto da smorzare gli entusiasmi dei frenetici fotografi. Le prime gocce di pioggia polverizzate sui gitanti, accompagnate da un vento via via più sferzante, invitano ad accelerare ed a raggiungere le auto per un rapido rientro in campeggio.
Alcuni intrepidi azzardano uscite autonome per il sabato mattina, ma tutti presto rientrano alla base, piuttosto umidi, riferendo scene di drammatica intensità vissute in qualche cittadina costiera battuta dalle più tremende burrasche. Fra un collegamento ad internet e l’altro si scopre che nei giorni a venire è previsto un miglioramento, quindi si rispolverano gli scarponi ed incomincia l’affannosa preparazione all’azione.
La giornata di domenica ha un abbrivio piuttosto incerto: la coltre di nubi sembra ancora troppo spessa per poter pensare di effettuare la lunga camminata verso Cap Camarat. In ogni caso era ormai deciso e, non senza una certa rassegnazione, la lunga autocolonna si avvia verso la spiaggia del Gigaro, mentre gli equipaggi assaporano l’amara consapevolezza che le mantelle questa volta verranno utilizzate! Il nostro percorso costiero ci porta in breve a vivere l’esperienza del mare aperto, con una costa alta e frastagliata e con un mare assolutamente burrascoso che accompagna con il suono della sua potente risacca i circa 15 chilometri che percorriamo a piedi. In un primo momento si decide di interrompere il tragitto all’Escalet, dopo la siesta che segue come di prassi il pranzo, tutta la gita sembra troppo lunga.
Però poi prevale il desiderio di portare a termine l’impresa per paura di ritrovarsi con l’amaro in bocca di un’incompiuta. Claudio guida come sempre la compagine tattica che provvede a spostare un certo numero di auto che erano state lasciate al punto di arrivo. Il gruppone si rimette in moto, fra lo stupore dei turisti francesi, complici le prime schiarite ed i primi raggi di sole. Fra innumerevoli saliscendi ci avviciniamo, attraversando la folta macchia mediterranea prodiga di profumi e fioriture variopinte, a Cap Camarat con il suo faro. La nostra destinazione però è stata un pochino spostata, giusto perché oramai valeva la pena di completare il sentiero del litorale, e arriviamo tutti un po’ provati alla spiaggia della Bonne Terrasse.
Madame Le Président, meglio nota come Miriam, ci sorprende con l’aperitivo offerto dal CAI a tutti i partecipanti alla vacanzina francese: un discreto tripudio di formaggi, salumi e paté de campagne annaffiati con vini, locali e non, ci attendono nella sala messa a disposizione dal campeggio. Un breve discorso di rito e la consegna del riconoscimento all’organizzatore e poi tutti si avventano sulle cibarie e sulle libagioni mentre si scambiano le impressioni sulla fortunata, quanto stancante, giornata.
Mentre la situazione meteorologica va stabilizzandosi, affrontiamo il lunedì di Pasquetta, l’ultima gita in programma: un altro tratto del litorale, caratterizzato da poetiche spiagge e calette e da un mare punteggiato di isolotti, che parte dalla spiaggia dell’Argentiére per arrivare alla splendida insenatura di Cabasson di fronte al Forte di Brégançon. Qui il percorso è più dolce e romantico e la splendida mattinata di sole ispira gli instancabili fotografi, ormai proiettati verso l’acquisizione di titoli internazionali. I colori ed i profumi, intensificati dal sole, inebriano e rallegrano, quindi, prima di pranzo, alcuni intrepidi si lanciano in un gelido bagno, pur di approfittare delle splendide acque di questo “Mare Nostrum” davvero irriconoscibile per la sua trasparente bellezza.
Il bilancio complessivo è assolutamente positivo! Per qualche giorno abbiamo tenuto alla larga i problemi del lavoro e del quotidiano, ci siamo immersi nella lussureggiante vegetazione della costa francese e del suo mare cristallino, ed abbiamo potuto approfittare della compagnia di amici, compagni di ventura, con i quali condividiamo lo spirito curioso e vagabondo della nostra associazione.

20 marzo 2011
Balzi Rossi - Cap Martin - Roquebrune
E’ stata una lunga e piacevole giornata con un bel sole ed una mite temperatura primaverile che hanno accompagnato l’interminabile e colorato serpente di partecipanti attraverso i  suggestivi tratti di sentiero costiero, in una rara porzione di ancora intatta riviera di ponente protetta da alte falesie e ricca di una folta vegetazione e belle fioriture. Pranzo in riva al mare alla  spiaggia di Garavano, chi passeggia piedi in acqua, chi non smentisce l’origine montanara e ripassa i nodi più importanti e chi si riposa, poi breve tragitto in pullman e seconda parte della camminata. Il sentiero dei doganieri che percorre il promontorio di Cap Martin ci lascia ancora tutti ammirati per lo splendido paesaggio tra mare blu e rocce bianche, ed infine dopo una interminabile serie di scalinate arriviamo all’affascinante ed un po’ misterioso antico borgo di Roquebrune, dominato dal castello medioevale.

Sabato 19 marzo 2011
Pomeriggio di arrampicata a Foresto
Dopo la lezione teorica di mercoledì 16, tenuta da Stefano Cordola, la paretina dell'Isola Felice, riparata dal fastidioso vento primaverile, ci ha visto impegnati in questa veloce uscita propedeutica all'arrampicata. Climber alle prime armi e climber navigati si sono scambiati consigli e istruzioni per affrontare la roccia in sicurezza. Tra nodi a "otto", barcaioli, secchielli e grigri; tra terzi gradi e 6a; tra moulinette e assicurazioni dinamiche; tra placche e muri verticali il pomeriggio è volato in un baleno con la soddisfazione di tutti i presenti.
 
6 marzo 2011
Caprie - ferrata o escursione
Grande successo di ques ta prima uscita primaverile che ci fa ben sperare per il futuro. Camminatori e ferratisti si sono ritrovati a "La Sosta" per trascorrere insieme un'allegra serata con annessa Merenda Sonoira. Un grazie a Elio per la conduzione dell'escursione e agli amici del Soccorso Alpino di Bussoleno per aver accompagnato 36 persone sulla ferrata.

10 aprile 2011
Ferrata de la Grande Fistoire
Grandi aspettative e un po’ d’inquietudine albergavano tra i ferratisti in procinto di cimentarsi con la Grande Fistoire. Le foto su internet esaltavano un’esposizione al vuoto molto marcata, soprattutto quando il percorso si snoda sulla parete sud.
E davvero questa “randonnée du vertige” non ha deluso le aspettative con  un percorso di grande ampiezza, molto aereo ma mai troppo difficile  che ci ha condotti  in cima a questo imponente dente roccioso. Il ritorno  verso la base di partenza ci ha visti impegnati in un tratto di “ferrata in discesa” cui è seguito il  ponte tibetano più lungo di Francia, sospeso a 200 mt dal suolo ed infine da  tre tirolesi successive, che ci hanno regalato l’ebbrezza di librarsi tra i versanti della montagna, attaccati a lunghissimi cavi d’acciaio. Dalle forti emozioni delle altezze siamo passati alla tranquilla intimità del piccolo villaggio di Caire, dove abbiamo condiviso con il gruppo degli escursionisti una merenda di fine gita, allestita sulla piazza del paese, tra le atmosfere già provenzali dei giardini fioriti e degli infissi color lavanda. Tra i 49 partecipanti alla salita in ferrata, molti i giovani, che però non sono riusciti ad eguagliare Ferruccio che con i sui 77 anni è stato il primo a completare il percorso.Ottimo e molto puntuale il lavoro di organizzazione svolto da Fiorenzo, non presente per una lieve indisposizione, il giorno della gita.

Escursione a les Chanderettes
Valicato il Monginevro, scesa la valle della Durance fino a Sisteron, risalita la valle della Sasse fino a La Motte du Caire, i due pullman si arrestano alle ore 10,30 per permettere ai camminatori di scendere e di organizzarsi. Gli arditi ferraristi prosegiuranno fino alla ferrata della Grande Fistoire.  Alle 10,45 la colonna, composta da 45 gitanti, si muove salendo il "ravin" de Sagnon. La pendenza non è eccessiva, ma sui nostri crani picchia un sole rovente ed in alcuni valloni non c'é brezza, quindi il caldo ci mette a dura prova e la colonna si allunga, anche perchè alcune persone hanno problemi di stomaco e di crampi. Giunti sullo spartiacque tra la valle della Durance ed il vallone risalito, un venticello rende sopportabile il caldo e quasi tutti percorrono il lungo costone che forma la vetta. Veduta a 360° sui paesaggi dell'Alta Provenza e sulle lontane vette innevate delle Alpi. Alle15 inizia la discesa per una pista forestale, quindi per sentieri ben tracciati raggiungiamo Le Caire, ove ci attendono i ferratistiche che hanno allestito un rinfresco per tutti: in modo particolare le bevande fresche sono state apprezzatissime. Un sincero ringraziamento va agli organizzatori dell'escursione che si sono prodigati in modo encomiabile per la riuscita della gita: Alessandro (Martoglio) ci ha preceduti segnalando con nastri bianco-rossi il percorso, Osvaldo (Segontino), in coda al gruppo, ha incoraggiato e sostenuto coloro che hanno avuto problemi per il caldo.

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