UA-60450045-1

 Programma gite 2025    

Gite Intersezionale 2025 

Bivacco Orsiera - CHIUSO. Ritirare le chiavi presso il "Ristorante delle Alpi" ai Giordani di Mattie.

Eventi

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31

Anno 2016

Relazione di tutte le gite

Visualizza album fotografico

31 Gennaio 2016
Finale Ligure Grotta Strapatente
Come consuetudine da qualche anno a questa parte l'inizio del calendario escursionistico ci porta verso il mare in Liguria a cercare temperature più miti, ma anche qui il cambiamento climatico quest'anno particolarmente bizzarro ha messo il suo "zampino".Partiamo da Bussoleno con due pullman con una temperatura assolutamente non da "giorni della merla" e arrivati nel fondovalle la ventilazione quasi da foehn si arresta contro un muro di nebbia abbastanza sostenuto che a tratti ci accompagna sino ai confini tra Piemonte e Liguria.Al casello di Spotorno abbiamo appuntamento con Fausto Alvazzi del CAI di Savona che oggi ci farà da guida.Ci avventuriamo lungo le strette curve che dall'autostrada portano alla frazione di Boragni dove incontriamo altri amici che ci hanno raggiunto da Asti e da Nizza.
Cominciamo l'escursione proprio dalle case di Boragni dove in un lungo serpentone di 85 persone attraversiamo caratteristici portici angusti che collegano tutte le abitazioni.Da qui il sentiero prima in modo graduale poi con strappo deciso porta all'ingresso della grotta Strapatente.Fausto ci spiega la sua formazione assolutamente naturale che nel nome significa collegamento tra le due pareti delle valli adiacenti: è monumento Nazionale.Al suo interno vi si trovano stalattiti e stalagmiti di medie dimensioni e sicuramente era un luogo di ricovero già nell'epoca neolitica.Da qui scendiamo verso la val di Nava attraversando zone comunemente umide, ma come accennato sopra,causa l'inverno anomalo, quest'anno decisamente aride.Su un lungo terrazzamento di ulivi pranziamo tutti insieme con indosso le giaccavento, complice un'aria tutt'altro che marittima.Qui sino agli anni 70 erano presenti numerose cave di pietra ai piedi delle fantastiche pareti che oggi sono meta ambita dei climbers che qui giungono soprattutto d'estate da tutta Europa.Anche oggi sono numerosi e si odono dal bosco le loro grida di incitamento a chi di loro è impegnato nei tiri su queste vie dai nomi suggestivi:Orso,Silenzio,Camelot...
Chiudiamo l'anello in meno tempo del previsto e prima di congedarci da Fausto lui ci regala un'ultima sorpresa proprio a fianco dei pullman parcheggiati e che al mattino, complice la vegetazione, nessuno aveva notata.Dopo un breve tratto di sentiero ripido si giunge sotto una parete che il mare primordiale ha trasformato in un'enorme 'spugna' di calcare con al suo interno una cavità raggiungibile da esperti scalatori speleologi:la frequenza del sito è testimoniata da una corda "fissa" che cala dall'alto della parete.Questa gita causa l'attraversamento tra valli a ridosso del mare ne precludeva la sua visione e allora per consolarci scendiamo a Spotorno per passeggiare un pochino sulla spiaggia e magari mangiare un gelato, ma anche qui non siamo proprio fortunati:i bar e le gelaterie sono ancora chiusi per la stagione invernale e allora ci tocca ripiegare in massa da Federico che sul pullman ci prepara un buon caffè.Alle 19 siamo di nuovo a Bussoleno sperando che la prossima escursione del 21 Febbraio a Dolceacqua ci regali una giornata con un pochino più di sole.
Osvaldo Vair

21 febbraio 2016
Percorso dei Doria
L'immagine che abbiamo della Liguria è sempre rivolta verso il mare, ma esiste una Liguria diversa, caratterizzata da borghi secolari arroccati, piccole chiese e santuari di campagna, con panorami non solo sul mare, ma anche sulle Alpi. Domenica abbiamo percorso un itinerario con queste caratteristiche.
La giornata primaverile ci ha fatto apprezzare ancora di più il percorso che collega questi quattro paesi dell'entroterra ligure tra Ventimiglia e Bordighera, in Valle Nervia e ci ha aiutato a tollerare il lungo viaggio in pullman sia all'andata che al ritorno, con la coda estenuante all'autogrill sulla Genova – Ventimiglia per la colazione del mattino, dovuta alla gente diretta ai carnevali di Mentone e Nizza e l'allucinante coda al ritorno nell'attraversamento di Ventimiglia fino all'imbocco dell'autostrada, col timore di trovare ulteriori code verso Savona, ipotesi per fortuna non avveratasi.
Eravamo ben in 96 persone, poco prima delle 11, a partire dal parcheggio dei due pullman all'inizio di Dolceacqua. Ci siamo diretti verso il centro storico inoltrandoci per dei tipici carruggi liguri fiancheggiati da antichi edifici anche a 5 – 6 piani fino ad arrivare all'ampia piazza dove si trova la chiesa parrocchiale. Per un vicolo al livello del torrente Nervia ci siamo portati alla base del ponte a schiena d'asino ad un solo arco che scavalca il torrente, un vero gioiello che fu ritratto da Claude Monet. Quindi ci siamo inoltrati per il vicolo principale del borgoantico, Via al Castello, ricca di botteghe e laboratori artistici, salendo ripidamente al castello dei Doria, che domina l'abitato. Da qui inizia la ripida salita su mulattiera in direzione del Santuario della Madonna Addolorata. Sono circa 400 m. di dislivello che, complice la giornata primaverile, ci hanno permesso finalmente di esporre ai raggi del sole le braccia e per alcuni addirittura le gambe (procedendo coi pantaloni corti). Al santuario, situato in un punto panoramico verso il mare, abbiamo effettuato una sosta per ricompattare il gruppo, poi siamo ripartiti salendo su una stradina asfaltata che, tra belle villette in pietra, alberi di mimosa in fiore e vigneti di Rossese ci ha condotto a un colletto da cui si vede Perinaldo e in basso Apricale e l'alta Valle Nervia con le cime innevate del monte Torraggio e del Pietravecchia, che superano i 2000 metri.
Sempre su strada asfaltata siamo scesi a Perinaldo. Per raggiungere il centro storico abbiamo affrontato una ripida salita tra le case, dopodichè, sparpagliati , una parte in alto, vicino alla chiesa parrocchiale, altri in basso sulle panchine presso l'ufficio postale e dei giardinetti pubblici, abbiamo dato finalmente fondo alle nostre provviste. Verso le 14.40 ci siamo radunati per la partenza per Apricale. Salendo in Via Cassini abbiamo percorso questo suggestivo vicolo dedicato al cittadino più illustre di Perinaldo, famoso astronomo del 1600, scopritore degli anelli di Saturno. Lungo il vicolo ci sono affreschi che ricordano episodi della sua vita e un percorso in scala del sistema solare.
Si inizia quindi la discesa su Apricale, dopo una breve sosta in uno spiazzo sottostante per assicurarci che non abbiamo perso nessuno e per scattare delle foto di gruppo.
La prima parte della discesa è ripida ma agevole,svolgendosi su sterrato. La seconda parte si svolge su una mulattiera che, man mano che ci avviciniamo al fondovalle, dove scorre il rio Merdanza, diventa sempre più scivolosa per l'umidità e l'esposizione a nord. Si attraversa il rio su un suggestivo ponticello in pietra e per un breve ripido strappo si giunge alle prime case di Apricale. In breve per alcuni carruggi in salita si giunge nel cuore del paese, la splendida piazza Vittorio Emanuele II, con archi, sedili in pietra, edifici disposti scenograficamente su diversi livelli: Su un lato della piazza il sagrato della chiesa parrocchiale si allunga come un terrazzo panoramico. Caratteristica la cuspide del campanile su cui è stata installata una bicicletta. Accanto alla chiesa sorge il castello detto della Lucertola. Non per niente questa piazza è utilizzata annualmente d'estate per degli spettacoli teatrali. Si approfitta della sosta per una birra, un caffé o un tè presso il bar ristorante all'angolo della piazza. Si riparte scendendo per un dedalo di vicoli stretti e ripidi tra edifici in parte, ahimè, abbandonati. Raggruppatici sulla strada provinciale, una breve scivolosa discesa su mulattiera ci porta alla Chiesa di S.Maria degli Angeli, che presenta delle volte con dei bei affreschi, che si possono ammirare dalla cancellata in ferro d'ingresso. Si supera quindi un ponticello sul rio: una breve risalita ci porta sulla strada provinciale per Isolabona , che si percorre per qualche centinaio di metri per abbandonarla per uno stretto sentiero in mezzo ai rovi che finalmente ci permette di raggiungere l'abitato di Isolabona. Si fiancheggia il castello, da cui si scende al parcheggio sottostante dove ci aspettano i due pullman.
Sono quasi le 18, non c'è tempo per una sosta. Ci attende il lungo viaggio di ritorno con l'incognita del traffico, che ci porterà a destinazione, dopo una sosta all'autogrill di Ceva, dopo le 23.
Alessandro Martoglio

13 marzo 2016
Via Francigena - Pont Saint Martin - Borgofranco d'Ivrea
Quando venerdi ho deciso di confermare l'escursione lungo la Via Francigena che da Pont St.Martin ci avrebbe condotto a Borgofranco d'Ivrea sospettavo, viste le previsioni meteo, di prendere sicuramente qualche goccia di pioggia.La certezza della previsione si avvera già alla partenza da Bussoleno dove la pioggerellina che accoglie il primo gruppo di escursionisti in piazza del mercato non li entusiasma di certo.Causa qualche acciacco di stagione e per qualcuno la pioggia, perdiamo subito una dozzina di partecipanti Lungo il tragitto autostradale la pioggia scema poco a poco e all'arrivo a Pont St.Martin troviamo un cielo grigio, ma il terreno fortunatamente asciutto.Nonostante le defezioni, siamo quasi un centinaio e il serpentone variopinto che si snoda lungo il tragitto offre un bel colpo d'occhio. Dopo tre quarti d'ora arriviamo a Carema con i suoi vigneti a terrazzamenti, contornati dalle caratteristiche colonne, sormontate da un capitello in pietra, che fungono come una sorta di accumolo di calore da rilasciare nella notte;dopo aver convinto tutti ad abbandonare per un tratto la Via, che qui si snoda in mezzo alle case, e quindi su asfalto, per affrontare un breve tratto su mulattiera, ci inerpichiamo e raggiungiamo i ruderi del castello di Castruzzone, ove si gode di un bel panorama, frutto del lavoro millenario di antichi ghiacciai(ne sono testimonianza anche numerosi massi erratici,uno di notevoli dimensioni proprio a fianco dei ruderi).La discesa la facciamo si in mezzo ai vigneti, ma anche a numerose piante di mimosa(quasi endemiche) ed ulivi, che testimoniano i cambiamenti climatici sempre più evidenti, ma anche la presenza in questo luogo di un microclima particolare. Ci soffermiamo a consumare un piccolo pranzo per conservare le energie e dopo una mezz'oretta ripartiamo.Giunti a Settimo Vittone ci accoglie lo spettacolo inaspettato della prima battaglia delle mucche "regine", che in questa zona rappresenta quello che per gli spagnoli è la corrida dei tori, ma qui la crudeltà di quello spettacolo fortunatamente non sussiste.Una pausa caffè presso una piccola locanda che a fatica ci accoglie, ma la barista fa buon viso a fronte di cosi tante consumazioni in un breve lasso di tempo in questa domenica un pochino grigia.Un ultimo strappo ci conduce a Montestrutto con il castello neogotico e la chiesa di San Giacomo a incorniciarne il paesaggio.Un antipatico, ma purtroppo inaggirabile, tratto asfaltato, ci porta a Borgofranco con i suoi caratteristici balmetti,cantine scavate nella roccia morenica.Qui attendono i pullman:il tempo di cambiare le calzature e si parte alla volta del ristorante "La conca verde" dove in un'atmosfera veramente conviviale consumiamo un'ottima merenda-sinoira accompagnata da un buon vino locale.Prima del ritorno a casa, Mauro il ristoratore riesce a contattare la Pro Loco che cosi per concludere in bellezza la giornata, ci accompagna all'interno di un "balmetto", dove constatiamo di persona l'efficienza del sistema di ventilazione naturale, che dal profondo della montagna conduce all'interno di queste cantine, aria a 6-7 gradi costanti tutto l'anno.Per ringraziare dell'ospitalità acquistiamo un bel numero di ottimo vino di Carema.
Un Augurio a Tutti di Buona Pasqua e arriverderci all'escursione del Monte Cristetto a piedi e in MTB sui sentieri della Provonda.
Osvaldo Vair

Marzo 2016
Assemblea dei Soci - Rinnovo del Consiglio
Cari Soci
Le elezioni di Marzo 2016 a cui voi avete partecipato in buon numero e di questo la Sezione ve ne è grata, hanno decretato la nuova composizione del Consiglio Direttivo 2016-2019.
Dopo anni di lavoro e assoluta abnegazione nei confronti della Sezione, alcuni di noi, hanno deciso di lasciare spazio a nuove leve. Vi assicuro che l’abnegazione che poc’anzi citavo è assolutamente reale e sicuramente tanti di Voi l’hanno toccata con mano nelle varie attività degli ultimi vent’anni.
L’organizzazione delle escursioni da quelle più semplici a quelle che ci fanno toccare l’essenza del nostro spirito associativo, i tanti lavori che in Sede sono necessari per garantire un ottimo funzionamento della macchina sempre più stringentemente burocratica, la sistemazione dei sentieri per camminare con tracce visibili sulla via scelta senza l’assillo continuo di pietre insidiose e rovi taglienti, la presenza amica al nostro Rifugio con il gestore per coadiuvarne l’accoglienza e l’affidabilità per le prossime generazioni: queste sono solo alcuni esempi di dedizione al CAI.
Il tempo passa e la stanchezza si fa sentire e il bisogno di nuove forze è una necessità, ma vorrei condividere con Voi il sentimento che si prova dicendo loro con sincerità un semplice “GRAZIE!” confidando comunque in un appoggio dovuto alla loro provata esperienza nel lavoro della nuova squadra. Come avete deciso con le nuove elezioni sono entrati a far parte del Consiglio per la prima volta Ilaria Plano, Monica Pognant, Antonella Vair, Leonardo Grasso e Alessandro Guglielmetto. Sono stati confermati Enrica Croletto, Mina Montemurro, Piercarlo Bossotto, Alessandro Martoglio, Paolo Rocci, Giorgio Guerciotti (a cui va un ringraziamento speciale per il suo impegno continuo nella nostra sottosezione di Sauze d’Oulx) e Osvaldo Vair. Revisori dei conti sono risultati eletti: Sara Ainardi, Mario Regis e Osvaldo Plano.
Nella serata di martedi 5 Aprile il Nuovo Consiglio si è insediato e ha deciso che per il prossimo triennio le cariche saranno cosi’ ricoperte: Osvaldo Vair presidente; Paolo Rocci vicepresidente; Ispettori al Rifugio Alessandro Guglielmetto e Piercarlo Bossotto; Ispettore ai bivacchi Leonardo Grasso; Tesoriere Alessandro Martoglio; Cassiere Monica Pognant; Segretaria Enrica Croletto; Serate ed eventi Ilaria Plano; Responsabile Biblioteca e Sede Antonella Vair; Responsabile Materiale Alessandro Gulielmetto e Leonardo Grasso.
Ci impegneremo al massimo per far si che la Sezione di Bussoleno si distingua sempre per offrire a Voi Soci un calendario escursioni vario e adatto a tutte le aspettative e a creare dei momenti di aggregazione come le serate in cui ognuno possa trovare spunti e magari anche ipotizzare viaggi su mete lontane e ambiziose. Non mancheranno lavori sui sentieri che vi comunicheremo tempestivamente in modo da essere il più numerosi possibili per garantire dei risultati soddisfacenti là ove andremo ad operare.
Vi ringraziamo per la fiducia e a nome di tutti coloro che in passato hanno lavorato e da quelli che da oggi si impegnano a farlo al meglio delle loro possibilità, per il CAI , vi stringiamo in un abbraccio con tanta amicizia.
Osvaldo Vair

17 Aprile 2016
Anello del Castelluzzo
Penso che, domenica mattina, molti di noi, suonata la sveglia, aperte le persiane o le tapparelle, dato uno sguardo fuori dalla finestra, abbiano avuto la tentazione di tornare a letto, col cielo plumbeo e la pioggia che non promettevano nulla di buono per il prosieguo della giornata. Ci si è chiesto "ma chi me lo fa fare?" ma poi la spinta a partecipare ha prevalso e per l'impegno preso e per la speranza di un miglioramento del tempo nella zona della gita previsto da alcuni siti meteo.
Durante il viaggio in pullman la pioggia cessa e fa addirittura capolino il sole tra le nuvole, l'arrivo a Torre Pellice è asciutto, ma le mantelline o gli ombrelli sono a portata di mano.
Si parte per l'escursione verso le 9.15. L'itinerario è inizialmente su una stradina asfaltata che attraversa alcune frazioni sopra Torre Pellice; abbiamo un accompagnamento musicale continuo da parte dei numerosi cani a guardia delle abitazioni, poco avvezzi a vedere passare una processione di oltre ottanta persone.
Dopo la frazione di Chabriols superiore si affrontano alcuni tornanti e finalmente, ad una curva fiancheggiata da una pietraia, abbandoniamo l'asfalto per una pista consorziale che ci porta all'imbocco del sentiero per il Castelluzzo. Si sale decisamente incontrando lungo il sentiero diversi esemplari di salamandra che spostiamo ai lati per impedire che qualcuno di noi le calpesti. Le cosiddette “piuvane” purtroppo preannunciano la pioggia che, pur se debole, ci costringe ad indossare le mantelline o ad aprire gli ombrelli. Arriva anche la nebbia che, inoltrandoci in una fitta foresta di abeti, ci trasporta in uno scenario anche un po' inquietante, da film dell'orrore. Salendo per fortuna si dirada. Si affrontano infiniti tornanti a pendenza costante nella foresta su un sentiero molto bello per arrivare infine al colletto denominato Chiot del Castluss. Di lì in cinque minuti siamo sull'ampia spianata che costituisce la vetta del Castelluzzo (Castluss). Per fortuna ha smesso di piovere, così possiamo fermarci per circa un'oretta per la pausa ristoro perchè la fame si fa sentire, anche se non è ancora mezzogiorno. Purtroppo non si può ammirare il panorama in quanto la nebbia ce lo impedisce.
Riunito il gruppo verso le 12.30 si parte in direzione di Sea di Torre. Si deve percorrere un lungo traverso sul versante sud del monte Vandalino. Altre salamandre vengono spostate, si passa dal Bo del Turn, dove c'è una pietra con delle coppelle di presunte origini preistoriche, si scende in un valloncello in fondo al quale c'è un canalone con della neve residuo di valanghe, il cui attraversamento richiede un po' di attenzione, si risale brevemente per poi ridiscendere e risalire in un successivo valloncello, quindi un tratto piano e la discesa definitiva su Sea di Torre, dove compattiamo il gruppo. Nel frattempo il tempo è migliorato, la nebbia si è alzata e in basso si vede Torre Pellice e un po' di pianura baciate dal sole.
Dopo una breve pausa scendiamo su Torre Pellice. Dopo circa 15 minuti di discesa dobbiamo fermarci perchè alcuni, ad un bivio, hanno sbagliato sentiero, non vedendo le segnalazioni che sono state apposte. Recuperati e riportati sulla retta via si riprende la discesa. Presto si arriva ad una piccola borgata dove compare il sole e inizia una stradina asfaltata che, attraversando altre borgate, ci porta al punto di partenza.
L'ora di arrivo ci consente di fermarci a Luserna S.Giovanni per dare l'assalto a una gelateria artigianale prima di ritornare a casa per la cena.
In conclusione, viste le premesse, ci è ancora andata bene...
Alla prossima.
Alessandro Martoglio

Interventi del Soccorso Alpino nel 2015
Settemila le missioni di soccorso compiute, quasi 20 al giorno in media. Coinvolti più di trentamila soccorritori volontari. Solo il 6,2% dei soccorsi è iscritto al CAI. L’escursionismo (40%) è l’attività che ha richiesto più interventi.
Sono stati più di trentamila (31.383) i soccorritori del CNSAS (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico) impegnati nel corso del 2015 in oltre settemila interventi, in tutta Italia, per un totale di circa 145.000 ore. I dati statistici confermano una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente.
«In questo ultimo triennio, il numero degli interventi per anno è pressoché identico e le modeste variazioni sono del tutto ininfluenti sul panorama generale per poter cogliere qualche tendenza o nuova indicazione», sottolinea il neoeletto Presidente nazionale, Maurizio Dellantonio. «Si conferma invece la mole delle missioni di soccorso che mediamente è di quasi 20 interventi al giorno, portati a termine su tutto il territorio nazionale. Si registra anche un’attività più intensa in periodi che fino a qualche anno fa erano considerati stagioni morte per il turismo: questo sta ad indicare una fruizione più diversa e variegata del mondo alpino».
Negli ultimi dieci anni, il numero di interventi è passato gradualmente dai 5568 del 2006 ai 7153 del 2015, con un picco nel 2011, quando le operazioni di soccorso furono addirittura 8299; una tendenza che ha comportato anche un conseguente maggiore impegno di operatori e tecnici, dovuto all’aumento delle persone soccorse.
ANALISI DATI STATISTICI
Dall’esame in dettaglio dei numeri, i 7005 interventi del 2015 sono stati compiuti in prevalenza durante i mesi estivi: 980 a luglio, 1277 in agosto, quando aumentano i frequentatori della montagna; cifre inferiori invece per i mesi di aprile (358), maggio (370), novembre (300) e dicembre (368). Nella maggior parte dei casi, le persone soccorse presentano ferite non gravi (2662 - 37,3%) oppure sono illese (2320 - 32,5%); i feriti gravi sono stati 1265 (17,7%), quelli che si trovavano in condizioni molto gravi o in imminente pericolo di vita, con le funzioni vitali compromesse, sono stati 421 (5,9%); i decessi sono stati 429 (6%), i dispersi 49 (0,7%).
I maschi sono il 71% (5106), le femmine il 29% (2040), un dato che si ripresenta abbastanza costante nel tempo. La fascia d’età più coinvolta negli incidenti è quella fra i 50 e i 60 anni (1106), seguita da quella fra i 40 e i 50 (1040), poi 60-70 (874), 20-30 (834), 30-40 (830), 70-80 (594), con numeri inferiori per i ragazzi tra i 10 e i 20 anni (576) e i bambini fino a 10 anni (165), mentre sono state 185 le persone soccorse oltre gli 80 anni.
Solo il 6,2% (445) è iscritto al CAI: nel 93,8% dei casi (6071 persone) non ci si avvale dei vantaggi che l’iscrizione comporta, in termini di copertura assicurativa e di attività di formazione e informazione sulla prevenzione del rischio in montagna. I cittadini italiani sono l’80,5% (5753), seguiti da tedeschi (554 - 7,8%), francesi (94), austriaci (82) e svizzeri (62), che insieme arrivano al 3,3%; il 5,7% (406) è costituito da altri cittadini europei, quelli provenienti da una trentina di nazioni differenti sono il 2,7% (195).
CAUSE E ATTIVITÀ
Le ragioni per cui si richiede soccorso sono connesse alle attività praticate: la caduta prevale di gran lunga, con 2353 casi (32,9%), seguita da malore (900 - 12,6%), un dato quest’ultimo in stretto rapporto con l’invecchiamento generale della popolazione. La perdita di orientamento (846), accanto a incapacità (561), ritardo (284) e sfinimento (170), indicano che oltre un quarto degli interventi (1861 - 26,1%) potrebbero essere evitati con un’attenta programmazione degli itinerari e la consapevolezza delle proprie capacità escursionistiche, alpinistiche o sportive; la mancata consultazione preventiva dei bollettini meteorologici è invece stata la causa di 311 operazioni, avvenute in condizioni atmosferiche critiche.
L’ambiente montano è lo scenario prevalente (43,2%), seguono l’ambiente ostile e impervio (21,7%) e le piste da sci (10%); l’ambiente rurale e antropizzato equivale allo 0,7%. L’escursionismo (2877), lo sci in pista (755) e l’alpinismo (439) sono le attività durante le quali accade il maggior numero di infortuni; lo sci-alpinismo corrisponde a 169 casi (2,4%), 132 le ferrate, 128 l’arrampicata. I cercatori di funghi che hanno chiesto aiuto o che è stato necessario recuperare sono stati 315, un numero legato anche all’andamento stagionale della raccolta.
MODALITÀ
La richiesta dell’elicottero è avvenuta in 2843 casi (89,3% appartenenti al Sistema sanitario nazionale); a bordo, accanto all’équipe medica, è sempre presente il Tecnico di Elisoccorso (T.E.) del CNSAS. Nei restanti casi, emerge quanto sia fondamentale la collaborazione con le altre realtà coinvolte nel sistema dell’emergenza nazionale, come Vigili del Fuoco (77 mezzi), Union Alpin Dolomit (65), Protezione civile (53), Polizia di Stato (12), Corpo Forestale (11), Guardia di Finanza (5), Carabinieri (2), Esercito (2), Marina (2). L’elicottero è quindi ampiamente utilizzato ma, nonostante l’utilizzo di tecnologie avanzate, ci sono situazioni in cui la competenza delle squadre territoriali è fondamentale: i soccorritori del CNSAS sono in grado di raggiungere chi ha bisogno di aiuto in qualsiasi condizione, ovunque, di giorno e di notte, in ogni momento dell’anno, grazie a una elevata selezione, a una formazione continua, alla meticolosa conoscenza dei posti e soprattutto all’insostituibile spirito di dedizione e solidarietà che li contraddistingue.
«Il CNSAS non è una normale associazione, ma un Corpo nazionale, che affonda le proprie radici sul territorio e il lavoro dovrà proseguire sul modello di un federalismo maturo, consapevole e autonomo che è stato la nostra forza in questi anni», conclude il Presidente nazionale, Maurizio Dellantonio. «Come nuovo Presidente desidero innanzitutto portare un affettuoso ringraziamento a Pier Giorgio Baldracco che ha ricoperto questa carica negli ultimi anni con tanta passione e dedizione. Il mio prossimo triennio non potrà che essere nel segno della continuità e nel proseguire a fare delle nostre Scuole nazionali e regionali/provinciali il centro della formazione permanente dove la qualità e l’efficacia di quello che si insegna deve essere la nostra primaria eccellenza»
Comunicato Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico

22 maggio 2016
Ferrate di Aussois
Il pullman ci lascia ad Avrieux nei pressi di un piccolo villaggio da cui parte il sentiero che in circa una ventina di minuti ci porta all’attacco della prima ferrata le chemin de la vierge. Siamo in 11 e tutti decisi, dopo un rapido controllo per verificare che tutti siamo a posto con l’attrezzatura si parte, davanti da apripista c’è Valter, nelle retrovie a chiudere la fila restiamo io e Flavio. la vierge con i suoi sali scendi e la considerevole lunghezza ci dà modo di scaldare i muscoli ancora un po’intorpiditi dal viaggio.
Data l’ora ed il meteo incerto decidiamo di evitare la ferrata successiva, la traverée des anges che è sicuramente meno appagante delle altre, e ci portiamo all’uscita della vierge per scendere al Ponte del Diavolo ed apprestarci ad affrontare le monté au ciel, assai più lunga e decisamente più impegnativa. Dopo aver superato passaggi impegnativi, tratti verticali e strapiombanti di grande effetto ma che mettono a dura prova chi è meno allenato, raggiungiamo l’uscita sul forte Vittorio Emanuele, dove alcuni componenti del gruppo decidono di fermarsi sentendo ormai le braccia troppo stanche visto che la prossima ferrata da affrontare sarà ancora molto impegnativa; da qui infatti con un comodo sentiero raggiungeranno la ridotta Maria Teresa.
Con il resto del gruppo, dopo una meritata sosta ristoratrice sul prato nei pressi del forte, iniziamo la desante aux enfers/montée au purgatoire questa ferrata è la più delicata in quanto viene percorsa in discesa su tratti verticali e spesso scivolosi, per cui occorre essere molto attenti. Pian piano siamo tutti in fondo e ci apprestiamo ad attraversare la traballante passerella sul fiume Arc che ci porta sull’altra sponda dove ci attende la salita al purgatorio. Aerei traversi su esili cenge, tratti verticali e di forza su roccia resa scivolosa dai gelidi spruzzi della cascata e finalmente giungiamo al termine della via tutti soddisfatti, in particolar modo chi era pressoché alle prime esperienze! Pochi minuti di sentiero e raggiungiamo gli escursionisti al forte Maria Teresa, un caffè al “bar del pullman” e alè tutti a bordo per il ritorno.
Giorgio Ferraris

22 maggio 2016
Sentiero dei Batisseurs
Si è trattata di una piacevole passeggiata a carattere turistico – storico, svolta nel complesso di fortificazioni dell'Essaillon, costruito dai Savoia nella prima metà dell'800 e poi ceduto alla Francia per l'aiuto dato loro contro gli Austriaci per la conquista della Lombardia.
La giornata è stata discreta, con un po' di sole in mattinata e un po' di nubi nel pomeriggio con temperature in calo, che non ci hanno permesso di prolungare la sosta post ristoro avvenuta al Forte Maria Cristina.
Il percorso era ad anello, con partenza dalla Ridotta Maria Teresa, dove ci ha lasciato il pullman, di fianco alla strada diretta a Modane. Dopo una breve discesa si è attraversato lo spettacolare ponte del Diavolo, che attraversa il fiume Arc, che scorre quasi 100 metri sotto di esso.
Attraversato il ponte ad un bivio siamo saliti per sentiero sulla destra in mezzo a un bosco di conifere che ci ha portato ad una radura con un grande caseggiato in cattive condizioni, dopodichè siamo arrivati su una stradina asfaltata che abbiamo percorso per circa 200 metri per abbandonarla in prossimità del Cimitero Sardo. Di qui per un sentiero in prossimità della stradina siamo saliti fino al forte Carlo Alberto. Dopo la foto di gruppo, considerata l'ora, si è deciso di salire al soprastante paese di Aussois per una stradina contornante un campeggio. La stazione sciistica in questo periodo sembra un paese fantasma, con tutti gli esercizi chiusi, nessuna persona in giro; solo la bella chiesa è aperta. Breve pausa dopodiché ci dirigiamo al Forte Maria Cristina. Dopo una veloce visita al forte sotto le mura diamo fondo alle provviste.
Visto il tempo a disposizione decidiamo di concederci una pausa piuttosto lunga, ma il sole purtroppo scompare dietro le nuvole, la temperatura si abbassa notevolmente, con un fastidioso vento freddo, per cui anticipiamo la discesa. L'itinerario è più bello rispetto alla salita, svolgendosi tutto su sentiero in mezzo al bosco di conifere, con una bella vista sulla sottostante valle dell'Arc. Dopo essere passati sotto i ruderi del forte Carlo Felice si giunge a uno spiazzo sottostante il Forte Carlo Emanuele dove ci fermiamo per un breve riposo. Si sale quindi al suddetto forte, il più grande e spettacolare di tutti, ancora in discrete condizioni, che rendono possibile la visita. Incontriamo qui alcuni dei nostri ferratisti, che hanno rinunciato a percorrere l'ultimo tratto di ferrata, quindi scendiamo al Ponte del Diavolo, dove abbiamo la possibilità di ammirare altri ferratisti impegnati su una delle diverse vie della ferrata, a picco sull'Arc. Breve salita e siamo al nostro pullman.
In conclusione una tranquilla passeggiata, non faticosa, interessante per il lato storico e anche con dei bei panorami sulla Valle dell'Arc.
Alessandro Martoglio

28 maggio 2016
Pulizia del sentiero
Pra la Grangia - Bivacco Orsiera
Come da tradizione, l'ultimo sabato del mese di maggio è stato dedicato alla pulizia dei sentieri ( per due anni il maltempo ci aveva bloccato). E' stato scelto il sentiero che da Pra la Grangia sale al bivacco "Orsiera" il quale da quest'anno sarà sempre aperto in tutte le stagioni: visto il frequente passaggio di escursionisti anche stranieri.
Punto d'incontro è stato il "campo Base", la casa di Louis, il quale aveva perorato la scelta del luogo del nostro intervento, sponsorizzato anche dal Parco Naturale delle Alpi Cozie. Alcuni giorni prima Bruno e Laura si erano prodigati per rendere accogliente il bivacco, ripulendolo da cima a fondo e sempre loro hanno approntata la spaghettata. Muniti della necessaria attrezzatura, ci siamo scaglionati lungo il percorso: alcuni smuovevano i sassi che ostacolavano il cammino,rifacevano i cigli franati, altri potavano i rami dei cespugli che tendono ad invadere il sentiero. Il gruppo dei giovani di Mattie è salito oltre al bivacco per recuperare legna secca da ardere per ripristinare le scorte.
Circa all'una eravamo seduti attorno al lungo tavolo con davanti un fumante piatto di pastasciutta circondati da una foschia quasi autunnale.
Il lavoro non è stato troppo impegnativo, perchè i guasti non erano importanti. Partecipanti n° 26.
Si suggerisce di spostare questa giornata in periodo più favorevole, poichè, a fine maggio, gli studenti sono sotto esami, gli "scout" hanno la uscite di fine anno, le associazioni sono impegnate in esercitazioni varie.
Elio Guglielmetto

5 giugno 2016

Bardonecchia - Raduno Intersezionale
Un raduno Intersezionale in tono minore, causa il tempo instabile e la mancanza dei soci di Bussoleno che sono quasi tutti in trasferta alla 4 giorni di Porcherolles.
Quasi tutti... ma in 12 ci ritroviamo a tenere alta la bandiera della sezione di Bussoleno che, se anche era poco rappresentata, è stata numerose volte chiamata per ritirare i premi sorteggiati.
Ma andiamo con ordine. Luisella, Walter, Michele e Marco si presentano in MTB per fare il percorso organizzato con salita al Colomion; in 2 partecipano al percorso escursionistico, Piercarlo si dedica all'organizzazione e gli ultimi 5 arrivano giusto per l'ora del pasto...
Organizzazione sempre ottima con Guerciotti in... panchina, estromesso dalla spaghettata che ha sostituito la sua più che ventennale braciolata.
Pasta, formaggio, salame e biscottini oltre all'ottimo vino di Chiomonte sono stati apprezzati da tutti gli oltre 150 presenti.
L'estrazione dei premi con i consueti commenti spiritosi sui fondoschiena di chi ha vinto chiude una giornata decisamente positiva.
Claudio Blandino

2-5 giugno 2016
Port Cross e Porquerolle
Ile d'Or - Francia
Da un paio di stagioni abbiamo scelto il ponte festivo del 02 Giugno (quando è favorevole come quest'anno) per programmare la gita verso quel tratto di mare meraviglioso della Costa Azzurra.
Il CAI in questa stagione 2016 aveva programmato la visita delle Ile d'Or ovvero le isole che si trovano dinanzi la cittadina di Hyeres e nella fattispecie le isole di Port Cross e Porquerolles: erano state visitate alcune volte negli ultimi vent'anni, ma essendo dei veri gioielli naturalistici è impossibile resisterne al fascino, che si apprezza ancora di più quando in Val di Susa nonostante sia Giugno pare che il calendario si proponga con delle giornate di metà Ottobre con scrosci di pioggia e serate avvolte nella nebbiolina.
Avevamo raccolto sin dal mese di gennaio prenotazioni per occupare18 bungalow con circa 75 partecipanti nel campeggio Les Palmiers presso la cittadina di Hyeres; campeggio che già ci aveva ospitato nell'anno 2013 con un programma simile, ma che a causa del maltempo era stato rivisitato.
Alcuni dei gitanti approfittando del'occasione ghiotta del ponte lungo si erano già recati al campeggio sin dalla giornata di sabato. La restante parte si avventura sulla strada verso il Monginevro dalle ore 6 e con un consolidato rituale la piazza del paesino di Tallard ci vede riuniti in gran numero per un discreto caffè e un'immancabile appuntamento alla boulangerie accanto al bar.
Questo giovedi 2 giugno festa della Repubblica fa si che lungo l'autostrada colpisca il fatto che le macchine italiane siano quasi più numerose delle cugine francesi, ma comunque il traffico è modesto, complice lo sciopero che da più settimane attanaglia la Francia per contrastare la riforma del lavoro, che noi italiani invece, abbiamo tacitamente accettata. Intorno a mezzogiorno siamo quasi tutti arrivati alla reception del campeggio, dove abbiamo qualche noia per un mancato cambio di bungalow a Tiziana, ma Enrica, con spirito di sacrificio, accetta di fare solo la nanna a casa di Carlo e Liz. Sembra che eliminata questa piccola noia il resto del clan non accusi altre difficoltà.
Dopo un pranzo veloce siamo già in cammino alla scoperta delle antiche saline lungo la costa. Il primo tratto è tutto su asfalto e il sole abbastanza caldo, ma la comitiva quasi al completo viaggia spedita. Ad un tratto termina l'asfalto ed il sentiero procede sulla sabbia accanto alla spiaggia dei naturisti; fortunatamente per entrambi una duna abbastanza alta ci separa, senza mettere in imbarazzo noi italiani un pochino bacchettoni in questi frangenti. Percorriamo circa sei chilometri sino a raggiungere il canale. Mario e Flavio con Laura e Susi decidono di inoltrarsi all'interno delle saline per poi tornare indietro aggirandole. Noi torniamo invece sui nostri passi, ma con grande fatica perchè si è alzato un vento molto forte e contrario. La camminata sull'asfalto con sandali e scarpette leggere miete le prime vittime con bolle e taglietti sulle piante dei piedi. La sera dopo cena passando a salutare tutti nei propri bungalow si assiste ad una sorta di pronto soccorso "fai da te" con cerotti di vario formato e creme. Giro di caffè e pussacaffè e tutti a nanna (anche la ronda...)
La mattina di venerdi io e Myriam anticipiamo il resto del gruppo verso Hyeres per poter pagare il traghetto che ci porterà verso Port Cross. Attendiamo tutti sulla banchina. Nel gruppo appare sulle spalle di Chiara anche Pedro, il suo affezionato pappagallo, che attira immediatamente l'attenzione del comandante del traghetto. Ci fa notare che essendo Port Cross un parco naturale è vietato introdurre qualsiasi forma animale non endemica. Silvio, marito di Chiara e suo figlio Andrea allora propendono per ritornare al campeggio e lasciare li Pedro e raggiungerci sull'isola dal porto di Le Lavandou con un altro traghetto.
Arrivati sull'isola cominciamo l'escursione e a chi come me non l'aveva mai visitata appare immediatamente molto selvaggia, come giustamente l'ente parco la vuole tutelare (Pedro docet...). Improvvisamente su un muretto a secco a lato del sentiero appare un grosso rettile avvolto su se stesso e tutto il gruppo in quel momento presente si agita parecchio (soprattutto le signore). E' molto bello e appartiene al genere Colubro di Montpellier e può raggiungere i due metri di lunghezza; viene parecchio infastidito e in pochi riescono a fotografarlo bene prima che si rifugi tra le pietre del muretto. Raggiungiamo la baia di Port Man e ci fermiamo per il pranzo. La visita al Forte omonimo della baia ci è preclusa perchè residenza privata. Dopo una pausa di circa un'ora proseguiamo nell'escursione percorrendo il sentiero che per un lungo tratto sovrasta la costa con paesaggi davvero molto suggestivi. Dopo circa un paio d'ore siamo nuovamente al porto dove con grande soddisfazione ci si concede una birra ghiacciata o un buon (carissimo!) gelato. La serata al campeggio prosegue con gli immancabili appuntamenti a casa di uno o dell'altro per caffè e pussacaffè distribuiti a profusione. Notte! Niente ronda anche stasera....
si alza la mattina di sabato con la prospettiva di una bella giornata dal punto di vista meteorologico: oggi si vuole visitare l'isola di Porquerolle! Un bel sole ci accompagna fino a... la Tour Fondue e qui sparisce in una coltre di nebbia che complice i traghetti e il mare fa apparire la costa Azzurra come un tratto di costa scozzese. Alcuni desistono dal proseguire e accertatisi della possibilità di usufruire dei biglietti già acquistati, anche il giorno sucessivo, tornano verso Hyeres. Oggi niente Pedro per non sbagliare. La visita si può fare sia a piedi che in bicicletta e quindi ci si divide un pochino. Rimaniamo comunque un bel gruppo e Mario che qui ci è già stato fa da cicerone. I paesaggi del giorno precedente erano molto belli, ma secondo me quest'isola è decisamente più suggestiva. Le spiagge e le scogliere con un'acqua cristallina che nulla hanno da invidiare alle spiagge tropicali sono uno spettacolo per gli occhi; l'acqua nonostante sia il mese di Giugno è comunque freddina e solo Angelo ha il coraggio di fare il bagno sotto gli occhi di tanti gitanti con addosso la giacca antivento (praticamente tutti italiani).
la pausa pranzo proseguiamo verso Le Gorges du Loup, ma complice il fatto che ci siano un sacco di bivi e discussioni sul da farsi ogni volta il gruppo si divide ulteriormente e una parte torna verso il porto e una decide di arrivare sino alla meta designata sin dalla mattina. Ci si ritrova al porto con l'immancabile birra e gelato (essendo più visitata qui i prezzi sono più normali..). Al ritorno in campeggio quest'anno non si fa l'apericena che ormai da anni è rituale consolidato. Abbiamo scelto così per non dare ai soliti il compito abbastanza impegnativo di preparare il tutto. Anni fa ricordo tavolate lungo la strada interna del campeggio dove ognuno portava qualcosa e si stava tutti insieme. Era una cosa bellissima, ma in questo campeggio la direzione è alquanto suscettibile e quindi questo rito non si può realizzare. Mi riprometto che per la prossima volta bisogna comunque fare qualcosa perchè il gruppo deve stare insieme il più possibile e se lo si fa spiluccando bocconcini appetitosi e un buon bicchiere di vino è ancora meglio.
La domenica purtroppo si deve tornare verso casa e dopo aver atteso il temutissimo controllo ispettivo del bungalow (ma alla fine è tutto ok!) ognuno decide di andare a visitare qualche località lungo la strada del ritorno. L'appuntamento è comunque fissato nell'area della barriera autostradale di Tallard dove vi sono i servizi e dove ci si scambiano i saluti in attesa di ritrovarsi per una nuova avventura, stavolta verso le nostre belle montagne.
Grazie a tutti per l'ottima compagnia!A presto!
Osvaldo Vair

26 giugno 2016
Costa Sturana
Una bella giornata di sole, con temperatura gradevole, ci ha permesso di apprezzare l'escursione proposta nel Vallone di Bellino, in alta Val Varaita.
Alcuni siti meteo davano la possibilità di temporali pomeridiani, ma non abbiamo corso alcun pericolo.
Siamo in 48 sul pullman che si è fermato nel parcheggio del Rifugio Melezé, dove ad attenderci, per unirsi a noi nell'escursione, c'erano Flavio e Susanna con la loro cagnolina.
Percorso un breve tratto su strada asfaltata per raggiungere le case di S.Anna, abbiamo imboccato la pista che porta agli alpeggi di Pian Traversagn. Dopo circa 40 minuti l'abbandoniamo per imboccare un sentiero a sinistra diretto al Colletto di Traversagn. L'attraversamento del Rio Traversagn comporta un po' di difficoltà. Non c'è nessuna passerella e per agevolarlo viene tesa una corda da Flavio e Giorgio, per cui tutti lo attraversano evitando scivoloni e un bagno indesiderato. I tornanti nel vallonetto tra ontani e rododendri fioriti sono tanti finché si sbuca al Colletto di Traversagn a oltre 2300 metri. La vista sui sottostanti pascoli in fiore e le cime dell'alto Vallone di Bellino ancora innevate è molto piacevole e anche per compattare il gruppo approfittiamo per fare una sosta per uno spuntino e per scattare delle foto.
Si riprende quindi a salire a sinistra del colletto, traversando in diagonale il versante della montagna fino ad una svolta a 90 gradi a sinistra per aggirare la sommità della Testa di Rasis.
Un ultimo ripido pendio pascolivo ci fa sbucare sulla cresta di Costa Sturana, che strapiomba sul sottostante Vallone di Camosciere. La vista è stupenda: a nord si eleva la parete sud-ovest del Monviso; di fronte a noi il Pelvo d'Elva e i dolomitici Bric Camosciere e Rocca Gialeo sovrastano il Vallone di Camosciere, Rocca la Marchisa domina il Vallone di Traversagn.
Il percorso completo della cresta, il cui punto più alto è a 2645 metri, richiede circa 45 minuti. In principio è piuttosto larga, poi nella parte finale si restringe e diventa più accidentata.
Ci fermiamo nella prima parte in un ampio spiazzo per il ristoro e una breve pausa di riposo, dopodiché la percorriamo fino al termine, fino ad un colletto da cui si stacca il sentiero che scende nel Vallone Camosciere.
Nel sopralluogo effettuato alcuni giorni prima con Osvaldo Segontino eravamo scesi in questo vallone, trovando i primi duecento metri di dislivello completamente innevati e ripidi, che hanno richiesto una certa attenzione per il tipo di neve: in certi punti si sprofondava e in altri sotto la superficie nevosa era presente una patina ghiacciata che favoriva le scivolate. Per questo motivo si era deciso di effettuare una variante di discesa, scendendo dal colletto nel Vallone di Traversagn. A mio giudizio, avendo percorso entrambi i valloni, la discesa effettuata domenica è più suggestiva e piacevole, oltre che meno faticosa. Il Vallone di Camosciere è selvaggio, bello nella parte alta, ma scendendo si restringe sempre più, con un sentiero ripido ed accidentato, mentre quello di Traversagn è vasto, idilliaco, disseminato di vasti pascoli con tanti alpeggi ancora utilizzati in estate.
Al colletto alcuni di noi sono scesi per qualche metro nel Vallone di Camosciere per vedere gli ingressi e la costruzione diroccata dell'antica miniera di ferro, attiva dal 1300 fino agli inizi del 1900. Risaliti al colletto per una traccia con ometti siamo scesi fino ai sottostanti pascoli del Vallone di Traversagn. Attraversati i pianori acquitrinosi vicini alle grange Sagneres, le più alte del vallone, si scende per pascoli verdissimi con una fioritura spettacolare fino a giungere alla pista di servizio degli alpeggi. Volgendo lo sguardo indietro sua maestà Rocca La Marchisa domina il vallone con le sue pietraie ancora innevate. La discesa diventa agevole fino al puntodi partenza, dove ci attende il pullman per il ritorno. Ma prima ci concediamo una meritata sosta al rifugio per un gelato, una birra o una fetta di torta.
Alla prossima.
Alessandro Martoglio

3-4 luglio 2016
Monte Rutor Valgrisanche
L'appuntamento per il ritrovo previsto della gita che ci porterà sulla Testa del Rutor, in Valgrisanche è come consuetudine la piazza del mercato a Bussoleno. Tutti puntuali facciamo ancora una sosta alla rotonda dell'autostrada di Almese per ottimizzare le auto:siamo presenti in ventidue (cioè tutti quelli previsti).Dopo l'immancabile caffè all'Autogrill ci inerpichiamo su per la valle per raggiungere la borgata di Bonne. Il tempo è ottimo,complice il vento in quota abbastanza forte.Ci aspettano più di mille metri di dislivello per arrivare al Rifugio degli Angeli.Paolo,Gianfranco e Claudio invece del sentiero saliranno dalla ferrata di Bethaz-Bovard e ci raggiungeranno al rifugio.
Dopo mesi di sofferenze anche Luisella ci accompagnerà sino al Rifugio:è troppo presto per affrontare pendii innevati dopo il trauma alle sue caviglie. Con noi anche Bruno che di fatto con i suoi 78 anni risulta il più anziano e Stefano Marras con i suoi 15 il più giovane. Dopo un paio d'ore raggiungiamo un gruppo di case dove fa bella mostra di sè una bella catasta di legna con un invito non scritto, secondo le proprie capacità, di portarne qualche pezzo al Rifugio:approfittiamo della pausa per sboconcellare un panino. Dopo circa quattro ore raggiungiamo la balza del Morion sotto la quale un gruppo di volontari negli anni 2003/2004 ha ricostruito il Rifugio degli Angeli sulle ceneri di quello che era lo Scavarda. Appartengono ai volontari del Mato Grosso che in America Latina con più di cento missioni ogni giorno assistono migliaia di poveri. La costruzione è molto bella ed in armonia con il paesaggio circostante. L'accoglienza all'ingresso con un the di benvenuto ci fa sentire subito a casa nostra. Fuori un vento gelido e con folate decisamente violente preoccupa un poco per la gita della mattina seguente.Alessio e Samuele con determinazione escono per un giro di ricognizione su un tratto del percorso previsto per l'indomani. Ci vengono affidate le camere: sono molto belle e curate. Essendoci solo noi presenti in rifugio lo spazio non manca.La sera di ieri,sabato c'erano settanta persone a dormire. Alle sette viene servita la cena ed il menu è in sintonia con il resto del rifugio:ottimo e di qualità. Nella notte il vento scema in modo graduale e alla sveglia delle cinque il panorama è stupendo a 360 gradi e con una temperatura perfetta. Davanti a noi spicca il Cervino con a fianco in bella evidenza il Castore e il Polluce e si vede persino la Capanna Margherita sullo sfondo del Gruppo del Rosa.
Alle sei in punto dopo aver fatto il cancelletto per l'ARTVA si parte. La salita non è ripida a parte il tratto che porta al colletto sotto la vetta.Arriviamo in cima alle otto e come dei bambini rimaniamo incantati a guardare tutt'intorno le vette attraverso un cielo terso incredibile. Il Monte Bianco sembra li' a portata di mano. Dopo le foto e un piccolo ristoro le varie cordate ridiscendono velocemente per non trovare la neve eccessivamente molle,visto che il sole scalda abbastanza(previsto lo zero termico a 4500 metri oggi...).Alessio con Valter ed il sottoscritto attendono che anche Bruno e Gianfranco che gli fa da sprone arrivino in vetta. Dopo un paio d'ore scendiamo anche noi e ci ricongiungiamo tutti al Rifugio dove Luisella ci aveva attesi con malcelata gelosia:penso che senza problemi sarebbe salita in vetta,ma alcune volte è saggio aspettare un po per ricominciare tutto senza aver guai.
Anche una volontaria del Rifugio che è medico ortopedico comunque si complimenta con lei per la rapidità della convalescenza.Bisogna affrontare ancora il migliaio di metri che ci porteranno alle auto e Myriam che nella parte più ripida della discesa dalla vetta del Rutor si è infortunata alla caviglia destra appare veramente dolorante.Per evitare a lei e a Bruno anche lui molto stanco, l'ultimo tratto di sentiero che taglia attraverso la carrozzabile che risale verso l'alpeggio,Alessio e Samuele si precipitano verso le auto e vengono a recuperarli. Leonardo ne approfitta pure lui e viene accolto da grida di protesta. Grandi risate ma l'imprevisto è dietro l'angolo. La macchina di Francesco non parte:sembra la batteria e quindi colleghiamo i cavi alla mia, ma senza risultato alcuno.Si propende per chiamare un carro attrezzi che arriva dopo circa un'ora e fortunatamente risolve avviando la vettura con il Booster in loro dotazione.Francesco cambierà la batteria ormai andata a St.Cristofe, ma finalmente puo' rientrare a casa. Myriam arranca con un po di fatica, ma sulle proprie gambe riesce comunque a camminare. E' finalmente tutto a posto!Bella gita e ottima la compagnia.Complimenti ad Alessio per tutta l'assistenza!
Ci rivedremo all'Aiguille du Tour il 24 Luglio!
Osvaldo Vair

17 luglio 2016
Chemin de Ronde
Come da programma, siamo partiti puntuali alle sette, dopo aver ridotto il numero delle auto, riempiendole, ma ,chi aveva già il carico completo, si è avviato prima, per risolvere il problema delle navette che risalgono l'alta valle della Clarèe. Alcuni sono transitati dal Monginevro, la maggior parte è passata dal colle della Scala, raggiunto per vie diverse (autostrada o statale), ma tutti siamo riusciti, con tre navette diverse, a giungere agli chalet de Laval, anche grazie ad un'autista che ha chiuso un occhio e Carlo (il responsabile della gita),seduto su di uno zaino, è arrivato alla meta.
Tutti soddisfatti di aver lasciato le auto al posteggio di Nevaches e di non dovere risalire la vallata per recuperarle.
Alle nove ci mettiamo in movimento: la lunga fila (una quarantina di soci) risale la ripida “ Cote du Jas” su di un sentiero che si snoda senza strappi con una pendenza moderata e uniforme. Entriamo nell'ampio circo glaciale, ricco di acque, seguendo il “cammino di ronda” passiamo sotto il lago della Cula e con modesti saliscendi e lunghi traversoni raggiungiamo il lago Laramont e quindi quello du Serpent. Fine della salita; è mezzogiorno e si pranza.
Circa all'una e mezza si riprende il cammino in discesa, si raggiunge il rifugio Ricou. Un gruppo si ferma a dissetarsi, gli altri proseguono fino agli chalets di Fontcouverte, al rifugio la Fruitière. In tutto il giorno non si è vista una nuvoletta, il sole picchia ma spira una fresca brezza.
Il gruppo si ricompatta, ci si approvvigiona e ci si saluta. Frazionati in gruppetti, scendiamo su di un gradevole sentiero all'ombra dei larici sulla riva destra della Clarèe.
L'intero percorso è stato di circa quindici chilometri senza grandi dislivelli, ma con molta traslazione.
Da rimarcare: nella prima parte del percorso abbiamo avuto una vista stupenda sulle cime dolomitiche dal col des Rochilles al col Cristol tra le quali spicca il massiccio dei Cerces; nella seconda abbiamo goduto dell'ombra dei larici, della vista dei fiori,del mormorio o dello scroscio del fiume che ora con anse,ora con cascate ora con forre ci ha accompagnati fino a Nevache.
Stranamente un luogo così vicino e così bello era scarsamente conosciuto a molti partecipanti.
Più persone hanno espresso il desiderio che vengano organizzate altre escursioni simili nella valle di Nevaches.
Elio Guglielmetto

24/25 luglio 2016
Cabane du Trient - Aiguille du Tour
Domenica 24 luglio, all’appuntamento per la gita in Svizzera, ci ritroviamo puntuali in quattordici. Con noi c’è anche Ilaria, al suo battesimo alpinistico. Scambiati i saluti di rito, ci dirigiamo in auto verso il colle del Gran S. Bernardo che abbiamo deciso di utilizzare per sconfinare in Svizzera al posto del costoso tunnel.
Il tempo è discreto, e il meteo Svizzero prevede solo un po’ di pioggia nel tardo pomeriggio, quando noi dovremmo già essere al riparo della Cabane du Trient. Raggiunto il grazioso paesino di Champex Lac, ci facciamo strada trai i numerosi turisti a caccia di qualche souvenir o prodotti tipici da degustare, per raggiungere il parcheggio della seggiovia della Breya. Già, oggi è domenica, e Champex è un rinomato luogo di villeggiatura in questo angolo suggestivo del Canton Vallese.
Come da programma, saliamo fino a quota 2200 m con la seggiovia, da dove inizia il percorso a piedi per i rifugi, dapprima la Cabane d’Orny e poi la Cabane du Trient meta del primo giorno della nostra gita. Il sentiero risale inizialmente la comba d’Orny senza grande dislivello. A circa un’ora di cammino decidiamo di fermarci in una bella conca per un breve spuntino, è ormai l’una del pomeriggio. Da qui il sentiero per la Cabane d’Orny, si impenna decisamente ed in circa 1h ¼ ci porta al rifugio, dove decidiamo di riposarci per qualche minuto e rifocillarci con una “Rivella” fresca. Per i non addetti ai lavori, devo spiegare che la Rivella è la bibita tipica svizzera a base di siero di latte, dal gusto gradevole e simile a quello della vecchia spuma. Solo gli svizzeri potevano inventarsi una bibita con gli scarti della lavorazione del latte!!!
Riprendiamo il cammino verso la nostra destinazione e dopo circa 1 h ¼, su percorso faticoso tra balze rocciose e lingue di neve arriviamo alla famigerata Cabane du Trient, posta su questo sperone roccioso in posizione dominante sul bacino glaciale del Trient. Alle 17.00 in punto inizia a piovere, ma ormai noi siamo già tutti sistemati nell’accogliente rifugio.
E’ incredibile come gli svizzeri siamo così precisi anche nelle previsione meteo che ben sappiamo in montagna presentano sempre un certo margine di errore! Al rifugio trascorriamo un paio di orette in pieno relax aspettando cena, che come si conviene in tutti i rifugi di alta quota, è servita molto presto: 18.30. La cena è buona e abbondante, a parte il pane che è assente, ma anche qui è la tradizione dei rifugi svizzeri è rispettata, il pane è servito abbondate solo a colazione. Alle 22.00 tutti a nanna, la colazione per chi sale alla Aiguille du Tour è fissata per le ore 5.00!
Lunedì 25 luglio, sveglia ore 4.55, una lavatina veloce e poi abbondante colazione. Ci prepariamo con calma e verso le ore 6.00 ci avviamo alla spicciolata sul ghiacciaio del Trient dove ci leghiamo in cordata secondo quanto concordato la sera precedente. In totale abbiamo suddiviso il gruppo di alpinisti in tre cordate da tre e due cordate da due. Elisabetta ci aspetterà al rifugio al termine della nostra salita alla Aiguille du Tour. Il tempo è splendido e il ghiacciaio si illumina fin da subito dei caldi colori del sole mattutino. Le condizioni del ghiacciaio sono ottimali, la pioggia della sera precedente ha ulteriormente compattato la neve che porta molto bene. Seguendo la traccia molto evidente, traversiamo il plateau ghiacciato del Trient in direzione WSW puntando alla breccia tra le cime S e N.
Arrivati alla base di una piccola spalla della cresta N a metà distanza dalla cima S e la breccia, risaliamo un ripido pendio nevoso che ci porta fino alla crepaccia terminale che riusciamo a passare agevolmente. Ancora pochi metri su ghiacciaio e poi arriviamo alla base della parete rocciosa, dove decidiamo di sfilarci i ramponi e proseguire con gli scarponi fino in punta alla vetta. Alcune cordate decidono di salire lungo la cresta rocciosa che presenta passaggi di arrampicata di I II grado, uno di questi un po’ acrobatico verrà da noi battezzato “il passaggio del giaguaro”, altre cordate decidono di salire in vetta risalendo un canalino nevoso abbastanza verticale, altre ancora per la traccia che tutti quanti percorreremo in discesa. In circa mezzora tutte quante le cordate raggiungono la cima dell’Aiguille du Tour, da dove si gode di un panorama grandioso sul Massiccio del Monte Bianco e sulle montagne del Vallese.
Foto di rito, spuntino e poi via verso il rifugio dove recuperiamo il materiale superfluo lasciato al mattino. Dal col d’Orny, decidiamo di scendere lungo il ghiacciaio d’Orny, fin sotto l’omonimo rifugio, risparmiando così tempo prezioso. La discesa verso la seggiovia prosegue quindi lungo il sentiero di salita. Dopo circa un paio d’ore siamo finalmente alle macchine, stanchi e accaldati, ma soddisfatti di aver messo nello zaino anche questa cima. Visto l’orario favorevole e l’arsura delle nostre gole, decidiamo di festeggiare la buona riuscita della gita davanti un boccale di birra ed un fresco gelato, prima di affrontare il viaggio di ritorno verso la nostre abitazioni. Ringrazio personalmente tutti i compagni di questa magnifica avventura per il contributo dato alla buona riuscita della gita.
Carlo Borello

7 agosto 2016
Festa al Rifugio Amprimo

28 agosto 2016
Colle Galisia - Gran Cocor
Il mese di agosto ci ha regalato delle giornate belle e calde. Non ha fatto eccezione domenica 28 agosto che ci ha permesso di apprezzare il paesaggio e i panorami del settore della Vanoise che confina con l'Italia tramite la Valle di Ceresole Reale.
Il viaggio in pullman si è svolto senza intoppi, anche se la salita e la discesa dell'Iseran, essendo la strada senza protezioni, in certi punti faceva un po' impressione. Scesi a Pont St. Charles, pochi Km. prima di Val d'Isère, e salutati i sei ferratisti diretti al Roc Touvière, verso le 9 iniziamo a salire, Siamo in 39, compresi i piccoli Matteo e Giorgia (4 anni!), che affronteranno i percorso sempre camminando con le proprie gambine, senza mai lamentarsi e con allegria (d'altronde, considerando i nonni e i genitori, buon sangue non mente!).
ll gruppo si mantiene molto compatto; si sale nel primo tratto per effetuare in seguito un lungo traverso per superare le Gorges de Malpasset. Alcuni tratti sono un po' esposti, ci sono anche delle catene, ma il sentiero è largo e in buone condizioni. Dopo poco più di un'ora, in anticipo sulla tabella di marcia, dopo aver superato la roccia con la targa che ricorda i 41 soldati e partigiani morti nella bufera nel pianoro nel novembre 1944, siamo già al Refuge Prariond, situato in un bel verde pianoro circondato da un magnifico circolo glaciale, abitato da diverse famiglie di marmotte.
Qui cinque partecipanti, come già annunciato prima della partenza, si fermano. Dopo una breve pausa si riparte su un ripido sentiero che si inerpica sui fianchi erbosi, con vista che diventa sempre più ampia sulle vette e i ghiacciai. A quota 2600 m. circa si arriva ad un altopiano, dove ci si ferma per compattare il gruppo e rifocillarsi con una barretta o dei biscotti. Ripreso il cammino poco dopo si giunge ad un bivio. A destra si va verso il Col de la Lose, noi prendiamo quello che gira a sinistra diretto al Colle Galisia. 45 minuti indica il cartello segnaletico al bivio. Il sentiero si impenna nuovamente in mezzo a detriti e lingue di neve, con alti ometti come punto di riferimento. Si arriva al colle Galisia, ma non ci si ferma. La vetta del Gran Cocor è vicina. L'ultimo tratto è “un muro”, ma viene affrontato con determinazione da tutti i partecipanti. Eccoci finalmente sull'aerea vetta in poco più di tre ore.
Il panorama è vasto. Il versante italiano strapiomba sotto di noi, col lago del Serru' in evidenza. A sinistra si vede tutto il gruppo del Gran Paradiso, a destra le Levanne. La cresta su cui siamo si abbassa fino a lambire il ghiacciaio su cui domina la Grande Aiguille Rousse. Volgendoci verso il vallone percorso vediamo in basso l'abitato di Val d'Isère e sullo sfondo le vette della Grande Motte e della Grande Casse. La temperatura è gradevole e la fame è tanta. Considerata la bella giornata si decide di pranzare in vetta. Si fraternizza, si offrono biscotti, marmellate fatte in casa e caffè.
Dopo un'oretta iniziamo a ritroso la discesa, fermandoci al Rifugio Prariond, dove alcuni si concedono un peccato di gola, consumando un'ottima “tarte aux myrtilles”. Quindi ultima tirata verso il parcheggio, dove ci aspettano il pullman e i sei ferratisti.
Vista l'ora l'autista ci autorizza a fare una sosta a Bonneval, per la felicità delle “fromageries” locali, prese d'assalto dalla nostra truppa.
Alla prossima, sperando nel bel tempo.
Alessandro Martoglio

28 agosto 2016
Ferrata della Toviere
Raggiungiamo il parcheggio all'ultimo dei tornanti del colle dell'Iserand e qui scendono tutti gli escursionisti. Nel contempo arrivano in automobile Valter con famiglia e Osvaldo Plano con Cristina e ?. Ci raggruppiamo in sei per scendere con il pullman all'attacco della ferrata della Toviere.
Siamo in sei: Osvaldo Plano, Francesco ,Valter, Giorgio, Piercarlo e il sottoscritto. Scendiamo per circa due chilometri e raggiunto il parcheggio dell'ultimo condominio di Isere ci fermiamo per prepararci a salire. Il pannello con le indicazioni per affrontare il percorso da un tempo stimato di circa tre ore e mezza. La via attacca proprio dietro il caseggiato e sale subito velocemente. La roccia è calcarea e con buone prese al di fuori dei gradini che sono ben posizionati e in numero corretto. Alcuni passaggi sono atletici e richiedono abbastanza familiarità con questa attività. Essendo in numero esiguo si procede spediti. Arriviamo al ponte tibetano e qui Piercarlo decide di uscire dal gruppo perchè accusa forti dolori ai muscoli delle braccia e al di là del ponte sembra che non si scherzi con gli sforzi.
La realtà è esattamente come previsto e chi ha disegnato la via sulla roccia è stato fantasioso per mettere un pochino in più di adrenalina su questa parete assolutamente perpendicolare per circa un centinaio di metri. Arrivati in cima ci accorgiamo dai cavi nuovi dell'ultimo tratto che è stata fatta una variante: il vecchio percorso è franato per un tratto ed è stato chiuso. Per alcune centinaia di metri percorriamo il sentiero per raggiungere in salita il punto in cui si arrivava precedentemente ma ad un certo punto desistiamo e raggiungiamo Piercarlo più in basso.
Abbiamo impiegato poco più di due ore ore per il percorso e raggiunto di nuovo il parcheggio dobbiamo constatare che avevamo detto a Daniele l'autista del pullman di recuperarci intorno alle 14 ed ora sono solo le 12.15. Pranziamo dentro il gabbiotto dell'attesa dei mezzi di linea e attendiamo. Due ore sono parecchio lunghe e ci passano davanti tante moto e alcuni bei macchinoni di svizzeri senza problemi di quattrini. Quando arriva finalmente Daniele e raggiungiamo il parcheggio per attendere gli escursionisti ci mangiamo le mani: uno striscione che al mattino non avevamo notato ci dice che oggi era l'ultimo giorno in cui gli impianti erano gratuiti e noi nelle due ore di ozio non abbiamo approfittato dell'occasione per farci una salita in funivia. Pazienza.
Raggruppati tutti ripartiamo per tornare a casa non senza una sosta a Bonnevalle per acquistare un pezzo di Beaufort. A domenica 04 Settembre sul sentiero Carnino!
Osvaldo Vair

4 settembre 2016
Sentiero "Carnino Antonio"
Escursione riuscitissima, grazie all'impegno di Marco ed Anna, alla collaborazione di tutti i partecipanti ed alla clemenza del tempo: cielo appena velato e brezza moderata.
Ci siamo trovati in 35 per per goderci il percorso e per ricordare Antonio, figlio di Marco ed Anna, caduto all' Aiguille du Midi.
Dopo esserci riuniti a Bussoleno per compattarci e riempire le auto, senza intoppi abbiamo raggiunto i camini di aerazione dell'autostrada in val Frejus,dove abbiamo lasciate le auto.
Come previsto la comitiva si è scissa in due gruppi. Il primo si è inerpicato sul sentiero del colle del Frejus, la parte più erta del del percorso. Raggiunto l'inizio del sentiero Carnino, alcuni si sono fermati a riprendere fiato, la maggior parte(fuori programma) è salita al colle. Ricongiunti, con un ampio giro sono saliti alla caserma XXXIII (punto più alto del percorso) scavalcando numerosi valloncelli pietrosi, letti di torrenti in secca. La discesa, intervallata da brevi salite, ha attraversato tutto il versante sud che va dalla punta Frejus alla punta Bagnà. Al Pian dell'Acqua, sono le 13, sosta per il pranzo.
Il secondo gruppo, intanto, ha guadato il rio Merdovine e per prati già pascolati, secchi per la siccità, zigzagando ha raggiunto il bell'alpeggio di Pian delle Stelle. Il margaro, persona cortese e gentile aveva già aperto il bivacco e l'aveva messo a nostra disposizione. Valeria ha preparato il caffè per tutti e quindi abbiamo iniziato a salire il sentiero Carnino verso il bivio per il passo delle Rocce Verdi. Anche per noi è arrivata l'ora del pranzo, quelli del primo gruppo sono ancora molto in alto, li vediamo e li seguiamo per quasi tutto il percorso. Decidiamo di pranzare: non ce la facciamo a raggiungerli o ad aspettarli per stare tutti insieme. Quando il primo gruppo mangia, quelli del secondo, rifocillati, si organizzano: chi si stende per una pennichella, chi girovaga per gli ampi pascoli, chi conversa con impegno, chi sale ancora sul sentiero.
Finalmente ci raggruppiamo tutti e mentre scendiamo al bivacco ci scambiamo le prime impressioni.
Arrivati, una sorpresa ci attende: Marco e d Anna ci fanno trovare un lungo tavolo imbandito con vassoi di paste della pasticceria “Uggetti” ,la più rinomata di Bardonecchia,con vini bianchi e rossi, con formaggi di vario tipo. Fatta provvista di formaggi presso la margara, alla chetichella siamo scesi per lo scosceso sentiero (F.I.E.) alle auto e di lì ognuno è tornato a casa.
Quasi nessuno di noi era mai stati al Pian delle stelle e molti si ripromettono di tornarci e di trascorrervi almeno una notte utilizzando il bivacco che è molto ben tenuto, ha 12 cuccette ed è una buona base per escursioni.
Il sentiero “Carnino Antonio”,distendendosi alla quota di circa 2500 metri, permette di cambiare continuamente punto di vista sulle montagne della conca di Bardonecchia, specie su quelle imponenti di questo ampio e splendido vallone e lo sguardo si spinge fino alle vette del Delfinato.
Elio Guglielmetto

25 settembre 2016
MTB Gran Bosco - Col Blegier (Salbertrand)
Eccoci ritrovati con il gruppo MTB per l’ ultima uscita ufficiale in programma.
Partiti da Salbeltrand con un’arietta frizzante (6°-8° gradi) saliamo su sterrata nel sottobosco fino a raggiungere la borgata di Monfol.
Dopo una breve pausa (con ricarica a base di barrette) ripartiamo verso la meta piu alta del giro situata al col blegier mt. 2383 ci fermiamo x la pausa pranzo sotto un tiepido sole settembrino.
Dopo si prosegue lungo un traverso che ci porta a col Lauson da dove inizia la bella e lunga discesa sul famoso “sentiero dei cannoni” fino al congiungimento con la precedente strada della salita.
Compattato il gruppo scendiamo nel Gran Bosco e raggiungiamo le auto al parcheggio di Salbeltrand.
Grazie a tutti i bikers e appuntamento alla prossima stagione 2017.
Ride more – Work less
Paolo Rocci

8 ottobre 2016
Monte Galero
Siamo in 48 che, incuranti delle previsioni del tempo non incoraggianti, salgono alle diverse fermate del pullman per proseguire verso il cuneese e la meta del monte Galero.
Dopo la sosta all'autogrill di Fossano usciamo dall'autostrada a Ceva per risalire la Valle Tanaro fino a Garessio e quindi al Colle San Bernardo, punto di partenza della gita.
Nel frattempo il tempo è migliorato con il sole che si fa sempre più largo tra le nuvole. Il Colle San Bernardo è sovrastato da alcune enormi pale eoliche che contribuiscono a rendere ancora più frizzante l'aria obbligandoci a tirar fuori dallo zaino tutti i capi pesanti. Ci prepariamo nei pressi di un ristorante probabilmente chiuso da parecchio tempo, tra vetri rotti ed erbacce.
La salita inizialmente è abbastanza dolce, svolgendosi su una sterrata che ci condurrà sino al Bocchino delle Meraviglie. Si superano dei fuoristrada fermi, appartenenti a cacciatori, due dei quali troveremo più avanti sul sentiero, mentre portano a valle due piccoli cinghiali abbattuti. Dopo il Bocchino delle Meraviglie continuiamo per breve tratto ancora su sterrato, che diventa più ripido e in cattivo stato fino a incrociare il sentiero con la palina che indica la direzione per il monte Galero. Saliamo in mezzo a una bellissima foresta di faggi con una serie di tornanti; tralasciamo la variante più ripida che ci porterebbe più velocemente sulla cresta del monte Galero e continuiamo per il sentiero dell'Alta Via dei Monti Liguri che, dopo un tratto in ripida discesa, riprende a salire per portarci al Passo delle Caranche, dove ci accoglie il sole e ci fermiamo per compattare il gruppo e consumare uno spuntino.
Si scorgono davanti a noi le montagne che digradano verso la piana di Albenga che si intravede nella foschia al di là della quale possiamo immaginare il mare.
Si riprende la marcia con una breve ma dura impennata che ci porta sulla cresta del Monte Galero. E' notevole il contrasto tra i due versanti in quanto quello verso il mare, a differenza di quello della Valle Tanaro, presenta pochi alberi. Si percorre la cresta che alterna tratti in lieve pendenza ad altri più ripidi fino ad arrivare ad un bel pianoro sotto la vetta. Il tratto finale è un'impennata ripidissima: una colonnina del punto trigonometrico e subito dopo la croce metallica posta dal CAI di Garessio indicano il termine della salita. Abbiamo impiegato circa tre ore.
Purtroppo verso le Alpi è tutto coperto e non si vede nulla; migliore la situazione verso il mare, con tanta foschia. E' ora di rifocillarci. Mentre mangiamo sopraggiunge una fitta nebbia dalla Valle Tanaro che ci avvolge e fa abbassare di parecchi gradi la temperatura.
Considerate anche le previsioni che parlano di peggioramento nel pomeriggio, non ha più senso effettuare l'anello previsto che comporta una discesa più lunga. Si decide pertanto di tornare per lo stesso percorso dell'andata. Scendendo la nebbia si dirada un po'. Per velocizzare prendiamo la variante che in ripida discesa ci porta dapprima sul sentiero principale e quindi sullo sterrato. Verso le 15.30 siamo al pullman. La pioggia se non altro ci ha risparmiato.
Considerata l'ora ci fermiamo a Garessio vecchia, dove ci attende la sorpresa di una sagra di paese nel borgo medievale, con castagne brusatà e degustazione vini. Un ottimo modo per consolarci in parte del grigiore della giornata, che non ci ha permesso di godere dello splendido panorama che si può ammirare dalla cima.
Alessandro Martoglio

20 novembre 2016
Pranzo Sociale
Favella - Rubiana
Oggi è stata una bella giornata, anche se il cielo era coperto. Alle dieci, un gruppo di cinquanta soci, circa la metà dei partecipanti al pranzo sociale, da Favella, borgata di Rubiana, su strada asfaltata prima, su sterrato poi, quindi su sentiero si è avviato verso il monte Arpone, che sovrasta il capoluogo ed ha raggiunto la vetta con una piacevole passeggiata distensiva tra boschi con ancora le foglie dorate dell'autunno.
Il gruppo, ritornato sui suoi passi, ha incontrato quelli che nel frattempo erano arrivati al ristorante"Stella Alpina", meta comune.
Qui si è svolta una breve cerimonia per la consegna degli " aquilotti" ai soci che sono iscritti al sodalizio da venticinque o da cinquant'anni. Preso posto ai tavoli, è iniziato il pranzo, gradevole per la cura con cui sono stati preparati i cibi per la loro qualità e quantità e per il servizio impeccabile delle cameriere. Unanime il giudizio dei commensali: "è un pranzo da ricordare".
Grazie a Mario, ad Alessandro M. e al presidente Osvaldo per la scelta del locale, del menù e per il lavoro di preparazione della festa.
Elio Guglielmetto

26 novembre 2016
Convegno Intersezionale
Salone de "La Sosta" a Caprie: tra muri di arrampicata e materassoni ci siamo ritrovati in tanti - soci, consiglieri e presidenti - per partecipare a questo convegno organizzato dall'Intersezionale Valle di Susa e Val Sangone a titolo "Trent'anni di cammino insieme".
E' stato un momento di formazione, di informazione, di riflessione ma soprattutto di incontro tra le tante anime che compongono l'Intersezionale.
Il programma era vario e articolato. Ritrovo alle 16,30, distribuzione a tutti i partecipanti di una cartellina contenete i testi scritti degli interventi (utilissima per quanti, a causa di un audio non proprio perfetto, non riuscivano a seguire i relatori). Apre la serata Piero Scaglia (attuale Presidente ISZ), saluti dei politici invitati e si parte con un lungo intervento di Dario Marcatto sulla storia dell'ISZ, dove in modo preciso si ricostruisce la storia di 30 anni di riunioni, decisioni ed iniziative. Altri interventi quelli di Giovanni Gili che analizza l'andamento del tesseramento negli ultimi anni, Tiziana Abrate e Anna Gastaldo che parlano della rivista Muntagne Noste, Massimo Gai (Direttore della Giorda) che illustra l'attività della Scuola Intersezionale.
Tutti interventi stimolanti e precisi sostenuti dalla proiezione di slide. Per alleggerire la serata anche la proiezione di due brevi filmati sull'ISZ e la Scuola Giorda e la lettura di alcuni suggestivi brani tratti dai "Quaderni dell'Intersezionale". Nel corso della serata Pieraldo Bona ricorda la figura di Giorgio Guerciotti, recentemente scomparso, e viene consegnata una targa ricordo alla figlia. La serata si avvia a conclusione con l'intervento di Piergiorgio Bergero che ricorda l'importantissima figura di Don Masera, il vero artefice della nascita dell'ISZ. Ricordo a cui fa seguito la consegna all'interessato di una targa ricordo. Sergio Giacone chiude gli interventi portando i saluti del CAI di Coazze.
Foto ricordo di tutti i segretari e presidenti che si sono succeduti in questi trent'anni e tutti al buffet dove pizzette, paste secche e qualche brindisi conclude questo bel pomeriggio.

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito.