Storia del rifugio Amprimo
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La montagna prima del rifugio
Le montagne sopra Bussoleno, in particolar modo Villano e Orsiera, sono percorse da escursionisti e amanti della montagna fin dalla seconda metà dell'800. La ferrovia Torino Susa, inaugurata il 22 maggio del 1854, permette ai torinesi di raggiungere in tempi brevi Bussoleno.
La zona del Pian Cervetto diventa oggetto di numerose escursioni tanto che ad inizio '900 viene costruito un albergo proprio nella piccola borgata del Cervetto. Partendo da Torino in giornata diventa impossibile raggiungere le vette della zona.
Nel 1923 viene inagurato, ad opera della sezione UET (Unione Escursionisti Torinesi) di Torino il rifugio della Balmetta sito a Pian del Roc a quota 1710 metri, e poi denominato Toesca.
Nel 1937 la locale sezione CAI-UGET (Unione Giovani Escursionisti Torinesi) di Bussoleno decide per la costruzione di un rifugio in località Rio Secco a quota 1384 metri. Il rifugio, dedicato poi alla memoria di Onelio Amprimo viene inagurato nel 1939.
Da tale data inizia l'interessante storia delle generazioni di soci che volontariamente e gratuitamente hanno dedicato tempo, intelligenza e capacità per costruire, ricostruire, ampliare e rendere efficiente il rifugio Amprimo. E' una storia che vale la pena conoscere e che proponiamo in brevi capitoli su questo sito.
II sig. Bonino nella sua testimonianza ci racconta che, quando nel 1937 si decise di costruire un rifugio in località Rio Secco, all'interno del Consiglio della sezione ci fu un acceso dibattito tra chi voleva un edificio stretto, lungo e con il tetto piatto, tipo casermetta e chi era propenso ad una costruzione tipo casetta. La maggioranza scelse la seconda idea e così il sig. Rinaldo Chiotti tracciò il progetto pubblicato anche sulla Rivista Mensile del CAI nel 1939.
Costruzione del primo rifugioIn seguito il sig. Borghese, con l'intento di raccogliere offerte, costruì un modellino in scala dell'edificio che fu esposto a Bussoleno e poi in sede UGET a Torino; purtroppo l'originale andò perso ma ne conserviamo ancora la riproduzione fotografica su cartolina postale.
Il fabbricato aveva un perimetro esterno di m. 9 x 5, i muri in pietra legata con cemento erano spessi mezzo metro ed alti, sui lati di appoggio del tetto, m. 4,30 e m. 8,00 nella parte centrale.
L'interno aveva un piano terra con un salone di m. 4 x 6 ed un'altezza di m. 2,80 arredato di stufa, panche, tavoli; sui lati meridionale e settentrionale due finestre di m 1,25 x 1; ad occidente la porta di entrata ed una seconda porticina che conduceva ad un gabinetto; ad oriente una scaletta in legno ed una porticina che permetteva l'ingresso in una stanzetta di m. 2x4, utilizzata come rimessa e con un letto a castello, illuminata da 2 strette finestre contrapposte. Il pavimento, in palchetto di legno, era sollevato da terra ed aveva una botola che permetteva di accedere ad una minuscola cantina.
Il primo piano, già parzialmente in sottotetto, era adibito a dormitorio e comprendeva un unico salone di mt. 8x4 con un'altezza centrale di m. 2,25, pavimento in palchetto di legno e due finestre centrali sui due lati di m. 1 x 1. Dal primo piano partiva una seconda scaletta in legno che conduceva ad un piccolo locale, utilizzato come dormitorio di emergenza ricavato sotto il tetto di m. 4 x 4 di base e m. 2 di altezza nella parte centrale.
Il tetto, a due falde molto inclinate, era sorretto da robuste travi in legno ed era ricoperto di lastre in eternit, sporgeva su 3 lati di m. 0,50 mentre dal lato occidentale, dove c'era la porta di accesso, sporgendo di m. 2 formava un atrio di ingresso aperto ma utile per riparare dalla pioggia.
Il materiale necessario alla costruzione del rifugio venne reperito, in larga misura, sul posto; la sabbia estratta dal rio Gerardo, le pietre raccolte nei dintorni e spaccate, il legno tagliato sui terreni demaniali. Tutto il resto venne trasportato a dorso di mulo ed a spalle dai Giordani; si utilizzarono le travi recuperate dai capannoni della stazione di Bardonecchia in rifacimento ed acquistate a basso prezzo, per arredare l'interno e costruire serramenti, tavolati e cuccette.
Il rifugio è ultimato, il sogno di tanti soci è realtà; in molti hanno contribuito con offerte e lavoro gratuito alla sua realizzazione.
Si conta che sono state necessarie circa 600 giornate di lavoro per portare a termine l'opera. Seicento giornate che non sono fatte solo di fatica al rifugio ma anche di chilometri e chilometri a piedi dai Giordani a Rio Secco e ritorno, molte volte con pesanti carichi sulle spalle.
Per finanziarne la costruzione sono state sottoscritte 100 quote da 100 lire caduna e raccolte in offerte, lotterie, ecc.. altre 15.131 lire.
Purtroppo dopo tanto lavoro sarà impossibile goderne a lungo i vantaggi; nel settembre del 1944 un incendio appiccato dai nazi-fascisti durante un rastrellamento nella zona distrugge completamente il rifugio; restano solo i muri perimetrali e qualche mozzicone di trave fumante.
1945-1946 La Ricostruzione
Nell'estate del '45 riprendono i lavori per ricostruire il rifugio distrutto. I muri perimetrali sono sopravvissuti e non presentano grossi danni; così da subito si decide una sua ricostruzione con ampliamento. La scelta prioritaria è ridare agibilità ed abitabilità a quei poveri ruderi in modo da disporre di una base di appoggio per gli ulteriori lavori.
Costruzione secondo rifugioI muri perimetrali vengono alzati sui lati più bassi di circa un metro in modo da addolcire l'inclinazione del tetto e recuperare spazio per i cameroni del sottotetto; il tetto è ricostruito con lastre di pietra, recuperate nella zona in sostituzione del più funzionale ma costoso eternit; i serramenti e gli arredi interni sono spartani e provvisori ma funzionali; così nell'agosto del 1946 è già possibile inaugurare la rinata costruzione. I costi sono ingenti ma grazie ad un prestito di Luigi Gontero di lire 57.985, si iniziano i lavori che vengono ultimati con un ulteriore spesa di lire 155.251.
1946-1952 Ampliamento del rifugio
Il rifugio non è ancora ultimato che già iniziano i lavori di ampliamento.
Il progetto è molto ambizioso ed ancora adesso è grande lo stupore e l'ammirazione per il coraggio, le capacità e la determinazione che sorresse i soci di quel periodo.
Il perimetro, che nel primo rifugio era un rettangolo di m.9 x 5, diventa di m.13 x 11 con attaccato sul lato sud un altro locale di m.7 x 6 in modo da costruire una struttura a forma di L, la superficie totale di appoggio passa da mq. 45 a mq. 185 ed il volume complessivo disponibile aumenta di 5 volte.
Lavoratori sul tetto di losePer acquistare i materiali, per i trasporti, per pagare scalpellini e muratori necessari a fare ciò che i soci non possono o non sanno fare, occorre una grande quantità di denaro che viene in parte reperito attraverso la cessione di 1.000 cartelle dal valore nominale di lire 500 cadauna e della durata di 8 anni all'interesse del 5%, garantite dal patrimonio della sezione e da alcuni soci. Gli iscritti, ma anche i simpatizzanti, rispondono con entusiasmo all'iniziativa ed in pochi giorni si raggiungono e superano gli obiettivi prefissi; nel frattempo arrivano aiuti, limitati ma ben accetti, dalla Sede Centrale del CAI, dall'UGET di Torino, dall'Ente Provinciale del Turismo e da singoli individui.Storia (6)
Il Comune di Bussoleno offre il suo appoggio autorizzando a più riprese il taglio, su terreno demaniale, di alberi necessari per i lavori al rifugio. Venticinque grandi tronchi vengono trasportati da sopra la Balmetta al Cervetto e da qui a Mattie e poi a Condove per essere cambiati con assicelle e tavolati.
Nell'estate del '47 i muri sono ultimati e prima dell'inverno si sistema il tetto in lastre di eternit.
Esternamente il rifugio presenta quasi le stesse caratteristiche di quello attuale, escluso il balcone lato ovest costruito nel 1988; al suo posto c'è una tettoia su tutto il lato che serve da riparo e preingresso.
Internamente è costituito da una saletta invernale (vecchio rifugio) di m. 8 x 4 con una scala in legno che conduce al 1° piano, il gabinetto lato ovest ed un nuovo gabinetto lato sud; un nuovo salone di m. 12 x 5,5 illuminato da 3 finestre lato sud ed 1 finestra lato est; una cucina di m. 4 x 3,5 sul lato orientale ed un locale adibito a legnaia e rimessa di m. 5 x 6,5 con sopra un locale per il gestore.
Al primo piano ci sono 2 ampi cameroni in corrispondenza dei saloni ed una stanzetta sopra la cucina; nel sottotetto ci sono altre 2 stanze più piccole illuminate da 2 piccole finestre.
A rifugio ultimato si arredano i saloni con tavole, panche, sgabelli ecc...; vengono acquistate stufe a legna per scaldare mentre nei dormitori si sistemano brandine militari affittate dall'esercito, materassi in foglie di granturco e coperte nuove; un gruppo elettrogeno fornisce la corrente necessaria per l'illuminazione.
Nel 1951 grazie all'aiuto di molti soci e alla disponibilità della Fabbrica Ferro vengono costruiti tutti i letti in ferro singoli o a castello con reti metalliche corredati parzialmente di materassi in lana o sintetici.
L'anno successivo si procede alla suddivisione in stanzette dei dormitori al primo piano, costruendo leggeri muri divisori in masonite; per poter dar luce a quasi tutte le stanze si aprono altre due finestre sul lato sud ed una sul lato ovest.
Nei 3 decenni successivi si faranno ancora modifiche e migliorie quali i gabinetti esterni nel prato, il boiler per l'acqua calda, la dinamo per la corrente elettrica, l'apertura di una porta interna di comunicazione tra i due saloni, la perlinatura del locale invernale, la sostituzione della copertura del tetto con lamiere, l'acquisto di materiale di consumo come coperte, stoviglie ecc...; però la struttura e le caratteristiche restano quelle del 1952.
Nel 1966 viene installato il telefono.
Gli anni passano, le esigenze cambiano, i materiali invecchiano e pian piano nasce la necessità di una radicale ristrutturazione.
1982-1988 La prima ristrutturazione
Uno dei grossi problemi del rifugio è l'illuminazione; la vecchia dinamo ha sempre fatto i capricci ed inoltre era smossa da un salto d'acqua disponibile solo alcuni mesi all'anno.
Nel 1982 si risolve il problema installando una centralina elettrica IREM e utilizzando l'acqua della sorgente di "Fontana Rossa"; in questo modo, costruendo una piccola vasca di raccolta, si può disporre di un getto costante nella quantità e nel tempo, con un'erogazione di corrente a 24 Volt sufficiente a garantire l'illuminazione del rifugio.
Negli anni successivi si costruiscono la fossa biologica, la cucina nuova e si sostituisce il tetto in lamiera. Ma la vera ristrutturazione si ha nel 1988; in quell'anno si effettuano alcuni interventi radicali.
Nei locali interni al rifugio demolizione di tutte le divisioni in masonite del primo piano e sostituzione con tramezze in cartongesso con intercapedine coimbentante e fonoassorbente in modo da formare otto camere di varie dimensioni; controsoffittatura e coimbentazione dei due cameroni del sottotetto; apertura di due uscite di sicurezza con maniglie antipanico al primo piano e nel sottotetto.
L'aspetto esterno del rifugio risulta modificato dalla costruzione di un ampio balcone, coperto dal prolungamento del tetto, in sostituzione della vecchia tettoia sul lato occidentale mentre a sud una scala in ferro antiincendio permette l'uscita dai cameroni del sottotetto.
La soluzione, molto funzionale perché offre due zone esterne di ricovero dalla pioggia ad eventuali gitanti ed efficaci uscite di sicurezza in caso di necessità, migliora anche l'aspetto esterno del rifugio.
1996-1997 La seconda ristrutturazione
Con le nuove leggi sulla struttura dei rifugi, si rende necessaria una seconda ristrutturazione che riguarderà soprattutto l’impiantistica, l’antincendio, i servizi igienici, la cucina e il nuovo locale invernale.
Il rifugio resta chiuso per 2 anni e come sempre saranno i soci a lavorare gratuitamente. Oltre 100 volontari con 6.000 ore di lavoro ricostruiranno gli impianti elettrici, idraulici, nuovi servizi igienici, docce, scarico acque reflue, antincendio, locale invernale, serramenti, porte, riscaldamento, tavoli e panche, pavimenti e presa acquedotto rendendo il rifugio confortevole e funzionale come oggi lo si vede.
L’ingente spesa sarà in parte sostenuta da finanziamenti pubblici, in parte dall’aiuto del CAI Centrale, in parte dalla raccolta di offerte tra soci e amici tramite sottoscrizioni e lotterie. La parte mancante verrà coperta con prestiti dei consiglieri e rimborsati negli anni successivi con i proventi della gestione.
Ultime realizzazioni nel 2006 è la posa di 24 pannelli fotovoltaici per sopperire alle necessità energetiche del rifugio e nel 2008 la riqualificazione del sottotetto trasformandolo da locale di emergenza in due cameroni a norma di legge.
2013-2014 L'ultima ristrutturazione
Ma ormai siamo ai giorni nostri, al presente. Con la prima ristrutturazione abbiamo prevalentemente messo a morma il primo piano con le camerette, il balcone e le uscite di sicurezza. Con la seconda siamo inervenuti su cucina, piano terra, servizi e impianti delle acque feflue.
Con l'attuale ristrutturazione siamo intervenuti prevalentemente sul tetto e quello che ci sta sotto: la copertura originaria, con le travi datate 1948, è stato rimossa; si è costruito un cordolo antisismico su tutti i muri, si è ricostruito un tetto fortemente coimbentato sorretto da robuste travi in legno lamellare. Ma le vere differenze sono nel sottotetto dove abbiamo ricavato due ampi stanzoni: in quello lato sud trovano posto 18 posti letto in camerone, in quello lato nord una sala didattica a disposizione delle scuole con accesso esterno, uscita di sicurezza e servizio igienico.
Sul tetto, nuovi pannelli fotovoltaici ad alta resa forniscono l'energia necessaria al rifugio in attesa che si concretizzino gli accordi con il Comune di Bussoleno per la fornitura di energia idroelettrica prodotta alla Balmetta. Sono lavori che hanno richiesto l'intervento di ditte specializzate e considerevoli investimenti; grazie ad un contributo del "fondo rifugi" del CAI Centrale, ad anni di risparmi fatti sui bilanci sezionali e, come nostra tradizione, dal lavoro volontario e grauito di decine di soci siamo ormai sulla direttrice di arrivo.
Sono trascorsi 75 anni da quel lontano 1939 quando veniva inaugurto il primo piccolo rifugio. L'Amprimo è ormai una struttura solida, efficiente, moderna e inserita in un contesto ambientale di eccellenza. Non è più il rifugio punto di partenza per escursioni ma la struttura di riferimento per quanti vogliono visitare questa zona di Parco, luogo di sosta nelle escursioni e nei trekking, locale idoneo per soggiorni scolastici, struttura adeguata per riposanti soste di più giorni o semplicemente per un pasto tra amici.