2-3 luglio 2022
Monte Emilius e ferrata
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Ferrata Monte Emilius
Purtroppo il gruppo dei ferraristi che doveva affrontare la bellissima cresta che ti porta in cima al monte Emilius, (avevamo prefissato circa10 persone), man mano che si avvicinava il giorno fatidico si è diradata. Siamo rimasti in tre io, mio nipote Andrea, e il Socio Massimo Fornier. Consigliati dal Gestore, anzichè affrontare il lungo percorso per raggiungere il Bivacco Federigo (2907 m) dove inizia la ferrata, (circa 4 ore di avvicinamento, per poi farne altre 4 di ferrata), optiamo di salire nel vallone sopra il Rifugio Arbolle, al colle Ross dove il gestore, (guida alpina) ha realizzato una ferrata che va incontrare la classica ferrata del Monte Emilius facendo risparmiare circa due ore di avvicinamento. Visto la lunghezza dell’itierario la sveglia è alle tre, siamo i primi, ci hanno lasciato la colazione pronta con un sacco di buone cibarie, così ci rinfociliamo alla grande, sono le quattro accendiamo le frontali e si parte, bellissima stellata non fa eccessivamente freddo.
Per fortuna nel pomeriggio avevamo già fatto un sopralluogo per capire l’accesso al colle, si sale per circa 1/2 ora sul sentiero escursionistico, al monte Emilius, poi si addentra in un vallocello in cui non c’è sentiero ma solo qualche tacca gialla e ometti segna via. Il percorso si inerpica su colline moreniche a volte erbate, a volte con grandi massi e sfasciumi, raggiungiamo col Ross (3071m) sono le 6, negli ultimi tratti di salita il cielo incomincia a sciarirsi, al colle è giorno e fa freddo ci obbliga a vestirsi giacca e guanti. Idossiamo imbraghi e caschi e attacchiamo la ferrata.
La salita è leggermente più impegnativa bisogna arrampicare, c’è solo il cavo ma non i classici appigli artificiali per mani e piedi. La via si snoda sulla cresta, molto aerea, con passaggi di 2/3/4 grado c’è anche un passaggio di 5 m. con il cavo che ti assicura è stato molto divertente e molto alpinistico. Essendo solo in tre prendiamo un bel ritmo e circa in un’ora incontriamo la ferrata vera, in questa zona la cresta si abbatte prendiamo il primo sole, (3050 m) vediamo sotto di noi il bivacco e il ponte tibetano, saltati facendo questa variante, purtroppo ci è mancata l’emozione di attraversarlo.
Sopra di noi, l’intera cresta affilata che ci porterà in cima, ha un aspetto molto severo dato anche dall’esposizione ovest ancora tutta in ombra. Ora la ferrata diventa più facile con gli appigli artificiali si sale su placche quasi verticali per raggiungere i vari picchi che compongono la cresta, anche qui qualche passaggio più difficile e sempre molto aerei. Sul filo della cresta a sinistra sul versante est la parete spofonda per più di mille metri di vuoto, fa un pò effetto.
Raggiungiamo il Petit Emilius (3339 m) dove volendo c’è una via di fuga per chi è stanco, noi proseguiamo. Dopo quasi 4 ore di sgancia e aggancia i moscettoni raggiungiamo la vetta, ultimissimi metri su sfasciumi e siamo alla madonnina, (3557 m) sono le 9:45, ci accoglie un panorama mozzafiato, il Bianco, il Rosa, il Cervino, il Gran Paradiso, la Grivola, il Gran Combin ecc ecc si vedono tutte le montagne della Valle d’Aosta, un panorama a 360°. Ci complimentiamo per la salita e facciamo uno spuntino asppettando il gruppo di escursionisti che pochi minuti dopo, alla spicciolata, ci raggiungono, abbracci e immancabile foto di gruppo per poi tutti insieme prendere la lunga discesa verso il rifugio.
E’ stata una bellissima gita, due belle giornate di sole in bella compagnia rallegrata al sabato sera dal socio canoro Gualtiero, con belle cantate come una volta nei rifugi, Ringrazio tutti i partecipanti, in modo particolare Andrea , Massimo con cui ho condiviso la salita e Sissi che si è adoperata nell’organizzare il tutto. Alla prossima.
Osvaldo Plano
Monte Emilius via normale
Dove ci han portato Sissi ed Osvaldo, gli organizzatori di questa gran bella gita CAI? Su un monte dedicato ad un antico proconsole romano? No: abbiamo omaggiato una gentile fanciulla all’epoca quattordicenne di nome Emilie che nel 1839 (senza tracce di sentieri né “segni gialli”) salì, al seguito dell’insigne Canonico Georges Carrel, la cima del nostro monte ricevendone immediatamente la dedica col nome “Emilius”. Li immaginiamo entrambi dotati di lunghe sottane come d’altronde salivano le montagne le signore ed i sacerdoti dell’epoca, ben rappresentati nelle foto d’antan presenti nel rifugio. Torniamo, però, al 2022 e precisamente al sabato 2 luglio. L’appuntamento ad ore tragicamente antelucane (particolarmente apprezzate dallo scrivente ma non solo..) è per le 10.30 al posteggio dell’autostrada di Almese (detto anche il “posteggio più intelligente della valle”: vi si entra e non se ne esce se non prendendo obtorto collo l’autostrada e finendo chissà dove!!) Compattate le auto raggiungiamo la Valle d’Aosta sotto un sole ben promettente.
Dopo Aosta saliamo a Pila e.. le precauzioni per il temibile e noto virus fanno sì che i partecipanti all’escursione si riducano a 13! Ops!. Si consuma uno spuntino alla partenza e poi via con la seggiovia la cui “sfacciata” comodità ha suscitato favorevoli commenti pur tra scafati ed appassionati soci Cai! Ahimè, dove andremo a finire! All’arrivo della seggiovia (2.309 mt) veniamo accolti da un trionfo consumistico comprendente partenza di percorso di down-hill e colonna sonora modello “musica da supermercato” sparata ad un volume che la rendeva, diciamo, “perfettamente udibile”. Basta tuttavia svicolare dietro un costone per ritornare ad un ambiente alpino col bel laghetto del Chamolè. Un discretamente lungo e ripido sentiero serpeggiante su un pendio erboso ci porta al colletto del Chamolè a 2.641 mt da dove si vede il nostro rifugio. Vi scendiamo rapidamente e ripidamente cercando di scacciare l’idea/tarlo di quel sentiero erto da percorrersi in salita, belli stanchi, domani al ritorno!.
Eccoci al Rifugio Arbolle (2.500 mt). La struttura si presenta accogliente e gradevole. Nel pomeriggio un gruppo si occupa, con molto impegno, di godere al massimo dell’amenità del sito che comprende un bel laghetto, cinguettio di neonati gracchi e panorami notevoli conditi con sole bruciante a profusione. Un altro gruppo con ancora più impegno compie una ricognizione non banale per individuare la partenza della ferrata. La lontananza dei componenti del secondo gruppo spinge i membri del primo ad annegare il dispiacere in birre “blanches” e bevande fresche varie. Alle 19.30 ecco la cena nel salone del rifugio che, visto il buon numero di presenti vocianti, aveva ben poco di ascetico ed ha comportato arditi abbinamenti tra pastasciutta e variegate polente. Una tavolata di alpiniste di varia età e grazia, accompagnate da pochi soggetti maschili ha obbligato alcuni volenterosi soci della nostra sezione ad intraprendere lodevoli azioni di public relation con questa altra realtà alpina. Digestivi locali e tentativi di canti corali “autogestiti” hanno concluso in letizia la serata. Dopo le 23, diligentemente, nanna nel nostro mini “camerone” che poi si rivelerà, con gioia unanime, luogo di passaggio da e per altra camera. Poco dopo le 3 di domenica un gruppo di nostri intrepidi tra cui il Presidente (ça va sans dire), il nipote del Presidente ed un brioso rappresentante dell’ex zona delfinale della Valle di Susa si leva e parte, pile in fronte, per affrontare un tratto della ferrata locale: impresa, peraltro, che meriterebbe una trattazione a parte.
I rimanenti, dopo aver assistito a vari passaggi più o meno rumorosi nel camerone, si levano alle 6 e si gustano una non disprezzabile colazione. Partenza verso le 7 nell’aria fresca del mattino (meno del previsto) per iniziare la salita tra bei prati, ruscelli, e laghetti a profusione. Si crea un gruppetto più avanti ed un altro più indietro ma il ritmo è comunque buono. E poi.. venne l’ora delle pietre e soprattutto dei pietroni! Prima timide morene di ex lingue glaciali e poi un serio pendio che definire roccioso sarebbe riduttivo e che a prezzo di “qualche fatica” e della riscoperta nel nostro DNA delle antiche caratteristiche di “quadrumani” ci porta al Colle dei Tre Cappuccini a 3.242 mt. L’aria s’è fatta a tratti, più fresca ma il panorama è meritevole, con laghetti, laggù, che sembrano delle perle azzurre. Inizia la salita sulla cresta abbastanza “larga” quanto, ahi ahi, non corta (quanto son piccoli gli uomini presso la punta!) E’ grazie a frequenti pause (vedi rarefazione dell’aria ) ed all’uso (ancora!) di tutti 4 gli arti che si perviene, dopo le ore 10, alla cima dell’ Emilius (3.560mt) .
Ancora panorami mozzafiato, Aosta è “lì sotto” e.. tira una “bisa” che induce a coprire quanto è scoperto! Ad accoglierci c’è una piccola statua della madonna lì collocata dagli Scouts valdostani. Foto di rito, spuntino e discesa che si rivela meno traumatica del preventivato. Giù, giù ed ancora giù.. Ma quanta strada abbiamo fatto!? Si ha anche il tempo di notare la ricchezza e varietà geologica del sito che sarebbe bello visitare in compagnia di un geologo (volendo anche una geologa) per capirne di più e non limitarsi a gustare le parti rossastre/marroni che emergono tra una varietà di altre tipologie rocciose. Finalmente eccoci al Rifugio Arbolle verso le 14 di domenica. Si vivono attimi piacevolissimi di relax e, per i più devoti, momenti di benedizione della birra “blanche” quanto mai apprezzata dopo il sole cocente e la disidratazione generale. Le cose belle hanno una fine e tra i segnali di disappunto se non proprio di esplicita protesta di piedi e ginocchia si inizia il ritorno che prevede (ancora!!) la salita al colle di Chamolé e la successiva discesa alla seggiovia. Il pudore impedisce di manifestarli ma si intuiscono non dichiarati momenti di benedizione della stessa.
Auto e .. via verso casa in Valsusa!! Ndr: Che caud, dopo quelle quote!!
Grazie Sissi, grazie Osvaldo e .. grazie ai compagni di avventura!!
Gualtiero Guglielminotti